Giampaolo Pansa si arrabbia, ma pure si
diverte. In realtà, non ci sta a guardare silente la marea montante di
conformismo celebrativo in atto in prossimità di quest’altro 25 aprile. Tutta
la sinistra strombazza. La sinistra comunista di ieri (residui), quella
intellettuale e radical-chic (altri residui), quella acchiappatutto di Renzi e dei suoi supporter
(un fiume in piena): tutti li a celebrare. A sorridere e ricordare e pure
cantare (tipo la Boldrini).
Ancora oggi stanno così: abbarbicati ad una
data che è ormai una zattera. Zattera galleggiante in un mare di menzogne,
di omissioni e di falsità raccontate per decenni. Un intero paginone di “Libero” serve perciò appena
all’ottantenne giornalista e scrittore piemontese per ribadire quanto già
spiegato nei suoi scritti più famosi e controversi sul tema: “Il Sangue dei Vinti” e “La Grande Bugia“. Scritti che
ne hanno decretato una sorta di ostracismo, naturalmente democratico (non sia
mai!) dal consesso dei resistenti in servizio permanente effettivo. E ciò
semplicemente, per aver detto la verità sui crimini e sulle ottuse violenze
pianificate con cieca obbedienza durante quella primavera di sangue di 70 anni
fa.
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