mercoledì 7 settembre 2011

PERCHE’ L’ITALIA NON E’ LA GRECIA


Ieri Angela Merkel ha accostato la “fragilità” dell’Italia a quella della Grecia. Con tutto il rispetto per la cancelliera, è un paragone che non sta minimamente in piedi e non fa onore a chi l’ha formulato: forse dettato più dalle preoccupazioni elettorali interne che non da un’analisi minimamente obiettiva della situazione. L’Italia non è la Grecia perché non ha truccato i conti, e questo è molto importante in una fase in cui quella che dovrebbe essere la solidarietà europea si scontra con sospetti e egoismi reciproci.

Non siamo la Grecia perché abbiamo un governo stabile, che dal 2008 ad oggi non ha fatto che lavorare incessantemente alla soluzione della crisi. Il risultato è che il nostro deficit pubblico è considerato uno dei migliori d’Europa: sarà sotto al 4 per cento a fine 2011, si ridurrà all’1,4 nel 2012 e si azzererà nel 2013, con un anno di anticipo rispetto al pareggio di bilancio previsto a luglio. Il deficit greco è superiore all’8 per cento e non ci sono previsioni che scenda significativamente nei prossimi anni.

Di più: il deficit italiano è oggi migliore di quello francese, inglese, spagnolo e della media dell’eurozona. Ancora: non siamo la Grecia perché abbiamo impostato un piano di riforme e rigore che Atene non è ancora riuscita a varare, tanto che l’Europa tiene bloccati gli aiuti promessi. E non lo siamo neppure riguardo al rischio contagio, perché a differenza delle banche tedesche e francesi, i nostri istituti di credito non si sono esposti con la Grecia, né con la Spagna né con l’Irlanda.

Anche il nostro debito, pur imponente, è tenuto sotto controllo. Dal 120 per cento del Pil si ridurrà al


118 nei prossimi 24 mesi per poi scendere verso il 115. Il debito greco è stimato al 160 per cento del Pil. I nostri titoli di Stato, nonostante la tempesta attuale, arrivano a rendere senza il paracadute della Bce poco più del 5 per cento come cedola, e poco più del 6 se si tiene conto del prezzo di mercato. Ma i titoli greci viaggiano ben oltre il 19 per cento, ed Atene ha dovuto chiedere una rinegoziazione dei titoli con i creditori, che dovrebbero accettare uno scambio con emissioni trentennali.

Tutto si può dire, e tutte le critiche sono accettate. Ma non quelle che non dicono il vero e sembrano fatte apposta per turbare ulteriormente i mercati. Tanto più se vengono da una tribuna seria come dovrebbe essere la Cancelleria tedesca.

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