
Che le misure per la famosa «crescita» debbano assolutamente cominciare dalla liberalizzazione dei taxisti e dei farmacisti, è cosa che sfida il ridicolo e offende l’intelligenza. Eppure è questo che il governo Monti, detto «dei tecnici», sta facendo. Ci dicono che il taxi costerebbe meno a noi risparmiatori: ma anche fosse, quanto incide la spesa dei taxi nel bilancio di una famiglia? Quanto farebbe crescere l’economia, un risparmio di questo genere? Certo, per le persone normali i caro-taxi incide assai meno che i raddoppio dell’ICI, il rincaro dei carburanti e l’aumento dell’IVA, che si riflette duramente in rincari di tutte le merci. Lo stesso vale per la liberalizzazione degli avvocati o delle farmacie: d’accordo, vanno fatte, ma non sono certo queste le misure che innescheranno il «rilancio» e faranno tornare l’economia a crescere. Molto più efficace sarebbe, poniamo: O ridurre i cosiddetti «rimborsi elettorali ai partiti» che in realtà sono finanziamento pubblico (vietato da un referendum del ‘93, quindi illegale) e che oggi superano enormemente le spese effettivamente sostenute, tanto più che i partiti stessi se li aumentano ad ogni elezione. E costano miliardi, come mostra la tabella estratta dalla Corte dei Conti:

In queste tabelle sono riportati i contributi statali attribuiti al complesso dei partiti a partire dal 1994, nelle varie tornate elettorali. O ridurre i sussidi pubblici per le energie rinnovabili (che spesso nascondono favori fatti ad amici degli amici) e che ci costano circa 8 miliardi l’anno. Solo il sussidio ai «produttori di energia elettrica a metano» è costato ai cittadini, fino ad oggi, 40 miliardi di euro. Quanti taxisti, avvocati e commercialisti bisogna liberalizzare, per compensare un simile spreco?
Per un vero rilancio dell’economia, più che disciplinare i taxisti, servirebbe la tempestività dei pagamenti che il settore pubblico deve ai privati: in Germania e Francia Stato, comuni, enti pubblici in genere devono pagare i fornitori, obbligatoriamente, a 30 giorni. In Italia, dopo 9-18 mesi che gli imprenditori non vedono i soldi dovuti, pressati dalle banche e da Equitalia (che esige l’IVA su quei pagamenti ancora non realizzati) finisce che si suicidano. È un danno per la famosa crescita.