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venerdì 15 luglio 2016

CONTRIBUENTI IN BANCA”


Non basterà il ventilatore delle sciocchezze, per rendere meno appiccicosa la calda estate bancaria. Non basterà maledire le regole europee. Oltre a essere ragionevoli, sono note dal 2013 e sono state recepite in Italia, con voto del Parlamento, nel novembre del 2015. Cos’è, non le avevano lette o non le avevano capite? Non basterà sostenere che il problema sono le banche degli altri, perché quelli, appunto, sono problemi di altri. Li affronteranno, loro. I nostri non sono sfortunati eventi, ma il venire al pettine di problemi antichi. Colpevolmente lasciati a marinare. Se le banche italiane hanno crediti sofferenti per il triplo della media europea non lo si deve solo alla crisi. Pesa, eccome, ma non basta: lo si deve a una gestione camarillesca di tanto credito. E’ vero che le Sparkasse tedesche diedero soldi alle aziende che volevano sostenere, anche a costo di scassare i conti, che si scassarono, ma è ben diverso dal dare soldi all’amico e all’amico dell’amico, per acquistare non mercato, ma mercanteggiamenti. Se hanno poco capitale, le banche italiane, è anche perché le Fondazioni, che furono inventate come azioniste, se lo son giocato in socialità e clientele, amministrate da gente variamente nominata dalla classe politica di campanile e contrada. E perché gli azionisti, assai all’italiana, godono a fare i padroni ma riluttano a rischiare i propri soldi. E perché ne hanno raccolto molto, vendendo ai clienti roba che a quelli non doveva essere venduta, ma poi lo usavano non per consolidare la banca e migliorarne i conti, ma per protrarre l’andazzo e lasciare immutati costi fissi troppo alti. E che ora difendono, quasi che essere improduttivi sia un diritto .Quando immettere  capitale pubblico era possibile non lo si fece. Non piaceva ai governi, cui sarebbe toccato spiegare quel che adesso tocca spiegare: perché i soldi del contribuente devono andare a salvare le banche? Ma non piaceva neanche ai bancari che si credevano banchieri, poco disponibili ad accettare intromissioni in quel che ritenevano essere la loro autonomia amministrativa. Si rispetti il mercato, dicevano. Ecco, appunto, nel mercato si può anche fallire. Ma se le colpe fossero tutte in banca, basterebbe fustigarle. Non è così. Le banche capaci di ragionare come parte di un “sistema” sono servite a noi, e