giovedì 29 dicembre 2011

IL PDL NON SI FIDA PIU’ DEI TECNICI. CRESCE L’INSOFFERENZA DEL PARTITO VERSO IL GOVERNO

MESSI LI PER FAR QUADRARE I CONTI , NON PER FARE POLITICA

Il cuore al centro, che guarda al Partito popolare europeo e batte per la costituente di tutti i moderati. La testa al Nord, con la paura di "consegnare" sacche di elettori nelle mani degli alleati di un tempo, a quel Carroccio tornato «vergine» e populista. E il passo ogni giorno un po' più in là, a prendere le distanze da un governo che non convince. Il Pdl è qui.   Silvio Berlusconi è tornato battagliero. «Sono in pista e ci resto» ha detto, rianimando chi, fin dall'inizio, ha visto nel governo Monti un esecutivo a termine e - soprattutto - «tecnico». I berluscones cominciano a spazientirsi. E partono i primi attacchi ai ministri, colpevoli di non occuparsi esclusivamente di far quadrare i conti (quello è il loro mandato, è il ragionamento), ma di fare politica. Si tratta di «piccoli» episodi. Vuoi il ministro della Giustizia, Paola Severino, che dice «mai più leggi ad personam», vuoi Andrea Riccardi che organizza summit "politici" con Raffaele Bonanni (vedi quello previsto a Napoli a gennaio, che si chiamerà «Iniziativa per l'Italia»). «Si stanno allargando», pensano in casa Pdl. E pronte arrivano le contromisure: «Nessun ministro usi il governo per montare o smontare operazioni e schieramenti politici», attacca Fabrizio Cicchitto. Ancora più chiaro il presidente dei senatori pidiellini Maurizio Gasparri: «Sosteniamo il governo Monti per un'opera di risanamento economico sempre più complessa, vista la crisi internazionale. Ma riteniamo che i temi della politica, della riforma elettorale, della riforma costituzionale, debbano essere competenza


 dei partiti politici». Orizzonti limitati, dunque: «Sarebbe ben strano se un governo tecnico si intromettesse, anche attraverso suoi esponenti, in queste vicende. E l'iperattivismo di alcuni potrebbe causare tensioni con conseguenze dannose e sconsigliabili. Il governo si limiti ai compiti per il quale è nato e per i quali ha ottenuto la fiducia. Alcuni protagonismi possono causare solo danni», sentenzia. Lasciato - ma, come abbiamo visto, non abbandonato - il governo nelle mani dei tecnici, Berlusconi pensa poi al futuro. Il Cav crede molto in Angelino Alfano e sembra intenzionato a favorire il consolidamento della sua segreteria. Con una strategia flessibile, però: se, infatti, nessuno deve dare per scontata la fine dell'alleanza con la Lega, è innegabile che l'obiettivo principale che l'ex Guardasigilli deve raggiungere è il recupero del rapporto con i centristi. E così c'è chi ipotizza la nascita di un partito a geometria (e geografia) variabile: un asse privilegiato con il Carroccio al Nord, mentre al centrosud un patto di ferro con il partito di Casini. Due Pdl. Quello del Nord "targato" magari Roberto Formigoni, e quello del Sud, saldamente nelle mani di Alfano. Lo scenario sembra però troppo azzardato. È Cicchitto a spiegare il perché: «Il Pdl è stato, è e sarà un partito con vocazione nazionale. L'ipotesi di disarticolarlo in due parti, con due leadership e con due alleanze diverse è un disegno suicida».

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