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dispetto di quello che sostengono Pd e centristi, la Cgia di Mestre dimostra
che la pressione fiscale è sempre scesa quando al governo c'era il
centrodestra. I picchi toccati da Prodi con l'euro imposta e da Monti: 44,7%
nel 2012 Non ci sarebbe nulla di speciale, se non fossimo in
Italia, per giunta sotto elezioni. In
paesi più abituati al bipolarismo, dire che la destra tende ad abbassare le
tasse", "la sinistra ad aumentarle è banale ed entrambe le scelte
sono considerate legittime. Di più, sono un preciso compito che le diverse
parti politiche si danno nell'alternanza. Ricette di politica economica
alternative da usare in momenti diversi." Ma siamo in Italia, appunto. E
tra gli argomenti da campagna elettorale della sinistra e del centro c'è anche
quello che i governi di centrodestra abbiano aumentato la pressione fiscale più
di quelli del centrosinistra. Tattica comprensibile, visto che mira a colpire
l'avversario al cuore. Ma le cose non stanno esattamente così. Premessa doverosa: la pressione fiscale
italiana è inesorabilmente aumentata. Dal 1980 ad oggi lo Stato si è preso
quasi 15 punti percentuali di Pil in più. Se prima lavoravamo per pagare le
tasse da gennaio a marzo, oggi arriviamo fino a giugno. Le differenze stanno in piccoli scostamenti
che marcano il passaggio da un governo all'altro. La Cgia di Mestre, partendo
dai dati del Def, aggiornati con gli effetti delle nuove norme che non sono
compresi nelle statistiche ufficiali, ha
calcolato che nel 2012, quindi con Mario Monti premier, si sia raggiunta una
pressione fiscale record del 44,7%. Quest'anno salirà al 45,1. Nel
quadriennio precedente, quello del governo
Berlusconi, la percentuale
si era tenuta stabile intorno al 42,6, con un unico picco nel 2009, al 43%.
Pesò, in quell'anno nero per l'economia, il calo del Pil, al quale non
corrispose una diminuzione di uguale misura delle tasse. Con l'ultimo governo Berlusconi la pressione è rimasta invariata
rispetto al livello del secondo, tormentato esecutivo di Romano Prodi. Il
professore aveva ereditato un Paese con tasse tra il 40 e il 41 per cento. Lui
aggiunse più di due punti. Il precedente esecutivo (dal 2001 al 2005) era di
centrodestra. Il più lungo di Berlusconi e della storia repubblicana. Mille e
414 giorni durante i quali tasse, imposte e contributi passarono dal 41,3 al
40,1% del Pil. A fare vincere il centrodestra nel 2001 era stato innanzitutto
lo spettacolo offerto dalla sinistra (il governo Prodi osteggiato e poi il
disarcionamento del Professore sono ferite ancora aperte nel centrosinistra),
ma anche la pressione fiscale. Nel '97, in piena era Prodi, raggiunse la vetta
incredibile (per gli standard di allora) del 43,4%. Tutta colpa dell'eurotassa,
che ci servì a centrare i requisiti per entrare nella moneta unica. Allora, si
pensò che fosse un livello inaccettabile e che non si sarebbe mai ripetuto. Un
sacrificio una tantum. Oggi sarebbe da metterci la firma. Anche perché per i
prossimi anni, la Cgia di Mestre, non prevede rivoluzioni. Nel 2014 la
pressione, dovrebbe calare, ma solo al 44,8%. Nel 2015 al 44,6%. Calcoli fatti
«a legislazione vigente». In altre parole il prossimo governo potrà decidere se
fare aumentare quella percentuale o farla diminuire.
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