giovedì 15 maggio 2014

HA VISTO CHE NON DICO BUGIE?


" Silvio Berlusconi ha una specie di umiltà incorporata, va a Cesano Boscone col sorriso sulle labbra, poi si occupa di pensioni (da elevare a mille euro), di dentiere (gratuità per tutti i vecchi in difficoltà) e di pet o animali da compagnia domestica ("tutelarli per ragioni animaliste e sociali"), sa che la società è fatta di popolo, il popolo di individui e nuclei famigliari in difficoltà, ha sempre avuto un rapporto speciale con l' immenso elettorato femminile e anziano, oltre che con i ragazzi stregati dai tempi di Drive In, e non vuole mollare. Ma non si è fatto sorprendere né dal libro di Tim Geithner, l'ex segretario americano al Tesoro, il pupillo di Wall Street e della Casa Bianca di Obama primo mandato, e neppure dall'inchiesta monstre del Financial Times di Peter Spiegel sulla crisi dell'euro e i rapporti tra i grandi d'Europa e d'America. Berlusconi aveva parlato prima. "Avevo detto che nelle mie dimissioni del novembre del 2011 c' era un elemento di coazione, che le cose si erano sviluppate e non per caso a ridosso del G20 di Cannes subito precedente la nomina di Monti senatore a vita eccetera, che un conto è il mio senso di responsabilità nazionale e un conto furono le manovre, esterne e interne, per eliminare un uomo di stato che in Europa contraddiceva il pensiero unico delle burocrazie e dell' establishment tedesco, capeggiato da Angela Merkel. Ecco qui le più rilevanti conferme da Washington e da Londra. Puntuali. I magistrati che mi hanno perseguitato una vita senza prove li chiamerebbero 'riscontri' del colpo di stato". Gongola, il Cav., perché Tim Geithner ha messo nero su bianco nel suo libro autobiografico appena uscito, papale papale, che gli eurocrati di Bruxelles, "i quali - osserva Berlusconi - agiscono sempre su mandato di alcuni governi", a un certo punto chiesero agli americani di aiutarli a cacciare da Palazzo Chigi il presidente eletto, ricevendo un rifiuto dall' Amministrazione americana, ma intestardendosi nel progetto di interferenza abusiva e di violazione delle regole democratiche.  E per sovrammercato c'è quella "stupenda" dichiarazione di Barack Obama, riportata dal Financial Times, davanti a una Merkel incapace di trattenere calde lacrime: "I think Silvio


is right", penso che Berlusconi abbia ragione quando rifiuta di sottoporre l'Italia, "che non ne aveva alcun bisogno" aggiunge il Cav., al drammatico stress di un salvataggio mediante il Fondo monetario e l'Ue: "Dicono di aver evitato all'Italia di finire come la Grecia, i nostri sapientoni, in realtà avevano tentato di cacciare il nostro paese, con la strategia dello spread, in una condizione alla greca. Io l'ho impedito, ma quando ho visto che si apriva un fronte interno di desolidarizzazione, al quale non era estraneo perfino il capo dello stato, quando ho capito che l'interferenza era arrivata al suo culmine, ho preferito mettere l'interesse del paese alla stabilità nell'emergenza davanti allo scandalo di una cacciata dalla guida dell'esecutivo dell'ultimo presidente italiano scelto dal popolo. Cioè chi le parla. Ma lo scandalo resta, e se l'informazione fosse una cosa più seria e più libera di quella che effettivamente è, se ne parlerebbe e si indagherebbe anche in Italia, non solo a Washington e a Londra". Berlusconi ride delle pretese di un Grillo, e anche dei pugni sul tavolo un po' infantili di un Renzi: "Non ne sanno nulla" - dice al Foglio - "conoscono solo le chiacchiere, ma non la realtà politica del confronto in Europa, e della battaglia, poi parzialmente vinta, per una Bce e per istituzioni sovranazionali capaci di una politica espansiva, non solo finanziaria, in difesa delle economie reali d' Europa".
"E quella battaglia continua adesso, anche con queste elezioni: da un lato i chiacchieroni, che chiedono il voto in premio alla demagogia o all'attivismo senza una direzione chiara, dall'altro il sottoscritto, cioè chi ha cercato con successo di fermare il treno crisaiolo della Bundesbank e delle eurocrazie, e per questo ha pagato il prezzo che ormai sappiamo alle sue scelte lineari".
Se aveva ragione nel braccio di ferro con la Merkel, come gli riconosce Obama (e nessuna smentita è arrivata al Financial Times), non avrebbe dovuto resistere? "Era forse nel mio interesse personale, oltre che nelle regole della democrazia italiana e di quella europea, ma la serie di manovre convergenti del fronte esterno e di quello interno avevano reso l'aria irrespirabile, e ora che le cose vengono in chiaro si capisce il perché, anche il perché della mia scelta ispirata al senso dello stato.
Una scelta che è arrivata solo dopo che l'Italia aveva ottenuto, anche a Cannes, la garanzia di essere lasciata in  pace alle sulle riforme, da me tutte avviate o realizzate nei miei anni di governo".

Comunque, dice Berlusconi, "ora il problema è il futuro, visto che Mario Draghi ha fatto parte di quanto era dovuto e la situazione è ritornata parzialmente sotto controllo, su una linea che era la nostra linea: espansione monetaria, credito capace di trasmettersi a tutto il sistema e liquidità in difesa non del sistema bancario ma della salvezza finanziaria del risparmio e degli investimenti di imprese e famiglie".
"Ora - aggiunge - bisogna compiere l'opera.
Grillo in Europa è affetto da impotentia coeundi, non può muovere uno stecchino nella fitta trama dei populismi di serie B in cui si è cacciato per sua colpa: il suo voto serve a niente, è puro sberleffo, è nichilismo.
Renzi deve ancora imparare molte cose, per certi versi è un buon emulo del meglio dei nostri governi, ma per altri versi è prigioniero delle forze di sistema che assorbono e spengono lo slancio di qualunque riformismo a sinistra.
E allora per combattere in Europa, per una moneta che non sacrifichi con la sua forza apparente la ripresa e la crescita delle nazioni, per un vero rilancio è voto utile solo il voto a chi, parola di Obama e parola di Berlusconi, in quella circostanza decisiva was right, aveva ragione".
"Sono esterrefatto - conclude Berlusconi - dall'inchiesta del New York Times sull'impossibilità per le piccole imprese anche solo di discutere con le banche le linee di credito necessarie all'economia della produzione, dell'innovazione e del rilancio. E' pazzesco. Le banche sono state inondate di liquidità ma la sua trasmissione alla rete dell'industria, dell'artigianato e del commercio è ancora sostanzialmente bloccata.
Ora faccio una Lega per il credito giusto, e vediamo alla fine chi la vince, questa battaglia in nome dei veri interessi dei popoli europei, contro i formalismi della burocrazia più incapace del mondo".
Il Foglio, 14 maggio 2014

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