Di Fabiano Mazzetti Presidente Gruppo Trasversale Agricoltori
Signor direttore, purtroppo anche questo inizio stagione ci da l'ennesima conferma che non si vuole cambiare, ed a pagarne le conseguenze dirette continuano come sempre ad essere gli agricoltori, Paghiamo a caro prezzo, la scarsa cultura di impresa, la mancata programmazione, l'innovazione varietale non sempre strettamente collegato al mercato, e la mancanza di una vera aggregazione e strategia comune che ancora latita, quello che è successo con il progetto pera ne è la riprova, Forse è una peculiarità tutta italiana quella di ingigantire differenze e problemi, invece di valorizzare gli elementi comuni, aiutati anche dal nanismo aziendale del settore ortofrutticolo. In Italia ci sono almeno 60-70 esportatori degli stessi prodotti ortofrutticoli, se andiamo a vedere in altri paesi europei come Spagna, Belgio e Olanda, possiamo usare le dita di una mano per contarli tutti. Sono più di dieci anni oramai che come G.T.A. solleviamo questi problemi, ma nulla è cambiato, sembra quasi che questa sorta di «nanismo» sia volontario, con una sorta di specializzazione ed una bravura a non risolvere i problemi, ma anzi ad esaltarli ed ingigantirli, così che si fanno apparire i problemi e gli ostacoli enormi ed invalicabili, in modo che anche solo una soluzione parziale di un piccolo problema, diventa per qualcuno un successo. Ed intanto che noi in Italia ogni anno ci «lecchiamo le ferite», in Spagna (con l'aiuto di governo ed istituzioni) gli agricoltori ci stanno surclassando e superando sia nel settore dell’ ortofrutta che del vino, favoriti anche da costi di produzione nettamente inferiori (un terzo in meno su mano d’opera, agrofarmaci e mezzi tecnici, costi burocratici ed amministrativi) e dalla maggior competitività del «sistema paese». Finché nel nostro settore a livello sindacale ^ ed economico-organizzativo, prevale la voglia di visibilità ed autoreferenzialità rispetto al vero esercizio della rappresentanza sindacale e di settore, difficilmente la politica sarà «obbligata» a darci risposte concrete e valide invece dei soliti interventi «tampone» o a «spot». Non è un caso che in altri paesi europei, come Francia e Spagna, dove l'agricoltura è al centro delle politiche nazionali, i sindacati e le organizzazioni di settore sono poche, forti ed unite. A questo punto sono gli agricoltori che devono decidere cosa abbattere: o gli impianti di frutteto e vigneto, oppure tutte queste rappresentanze e soprattutto quegli uomini che in questi anni, hanno solo pensato a difendere i loro privilegi o singoli interessi, invece degli interessi comuni di tutti gli imprenditori agricoli.
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