mercoledì 4 novembre 2015

Tagliare le tasse in deficit, come fa Renzi nella sua Legge di stabilità, equivale a mettere la polvere sotto il tappeto e lasciare alle generazioni future il conto delle mance elettorali distribuite oggi.
Noi non ci stiamo. Per questo riscriviamo in 5 punti la Legge di stabilità.
1.Abbassiamo la pressione fiscale, ma solo dopo aver tagliato di pari importo la cattiva spesa pubblica, attingendo le risorse dal piano di Spending review dell’ex commissario Cottarelli;
2.Ancora con le risorse derivanti dalla Spending review:
• aumentiamo le pensioni minime;
• introduciamo il “quoziente familiare”;
• rinnoviamo i contratti dei dipendenti pubblici, con particolare attenzione al comparto sicurezza.
3.Disinneschiamo davvero e per sempre le clausole di salvaguardia utilizzando le risorse derivanti dalla revisione delle Tax expenditures;
4. Lanciamo un grande Piano per il Sud finanziato dai Fondi strutturali residui del bilancio Ue 2007-2013 e dai nuovi Fondi del bilancio Ue 2014-2020;
5.Usiamo “ricardianamente” tutta la flessibilità concessa dall’Ue per investimenti pubblici produttivi.
Questa sì che sarebbe una vera manovra espansiva, che crea crescita e occupazione, con l’aumento della produttività dei fattori e della competitività del Paese, la riduzione vera della pressione fiscale e il blocco dell’aumento di Iva e accise, che il governo Renzi ha solo rinviato di un anno.
Al contrario, fare passare la Legge di stabilità di Renzi e Padoan come una manovra per la crescita, che suona bene anche al centrodestra e su cui allettare famiglie e imprese, con la promessa, come abbiamo visto, della riduzione delle tasse, è un imbroglio.



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