La
sceneggiata delle lettere di fine anno è servita a Re Giorgio per nascondere
che in 8 anni ha firmato manovre zeppe di tasse e orrori (vedi gli esodati). E
il record è dei «suoi» governi
C’è la
firma di Giorgio Napolitano in calce alle manovre finanziarie degli ultimi otto
anni. Una firma grazie a cui sono diventati ormai legge 442 miliardi e 79
milioni di euro di nuove tasse lorde in 14 anni (gli effetti si prolungano
infatti fino al 2020). Nuove tasse a tutti gli effetti. Potevano essere di più,
poi sia la legge di stabilità del 2013 che quella per il 2014 (con la riduzione
del cuneo fiscale) hanno corretto un po’ il tiro. Nonostante questo gli anni
2016, 2015 e 2014 nell’ordine saranno quelli di massimo incremento di nuove
tasse grazie a manovre di anni passati: secondo i dati della ragioneria
generale dello Stato le nuove entrate provocate dalle manovre che si sono
susseguite dal 2011 ad oggi saranno 58,3 miliardi nel 2016, 55,1 miliardi di
euro nel 2015 e 50,6 miliardi di euro nel 2014. Questo triennio è il record
assoluto per le nuove tasse nella storia della Repubblica italiana. Ma non
scherzano le cifre già subìte negli ultimi due anni né quelle degli anni che
devono ancora venire, fino al 2020. Più della metà delle nuove entrate lorde
(tasse e tagli alle agevolazioni fiscali) sono state stabilite dagli unici due
governi che sono stati decisi direttamente dal presidente della Repubblica e
non indicati dal voto popolare: quello di Mario Monti e quello di Enrico Letta.
I due governi hanno scritto norme che valgono fino al 2020 circa 240 di quei
442 miliardi di nuove tasse. Ma non hanno scherzato nemmeno le due manovre
estive firmate da Silvio Berlusconi e dal suo ministro dell’Economia, Giulio
Tremonti nel
2011: hanno comportato ben 96 miliardi di
nuove entrate future (solo le briciole però nel 2011). Anche in questo caso la
firma di Napolitano è stata più che complice (certo, su pressing di Germania,
Francia e Unione europea). Fu il presidente della Repubblica a spingere da lì
in poi sull’acceleratore delle tasse, ritenendo che questa fosse la via più
breve ed efficace per “salvare l’Italia”. Nei tre anni precedenti invece il
governo Berlusconi aveva varato 15 miliardi di nuove entrate lorde, con un
ritmo fra i più bassi in assoluto. Erano state quasi 29 miliardi le nuove
tasse lorde varate nel biennio precedente dal governo di Romano Prodi con la
prima controfirma di Napolitano presidente della Repubblica.
Napolitano
è quindi il presidente che nella storia di Italia ha controfirmato più tasse in
assoluto. Per questo ha sorpreso la contrizione mostrata dal Capo dello Stato
in tv martedì scorso nel messaggio di fine anno. L’apice è stato toccato
leggendo un’anonima (e poco credibile) lettera di un dipendente pubblico: «un
padre di famiglia, titolare di un modesto stipendio pubblico», che avrebbe
scritto al Capo dello Stato : «Questo mese devo decidere se pagare alcune tasse
o comprare il minimo per la sopravvivenza dei miei due figli...». Napolitano
ha chiosato: «E mi dice di vergognarsi per questo angoscioso dilemma, pensando
al patto sottoscritto con le istituzioni, al giuramento di pagare le tasse
sempre e comunque». Dilemma commovente, ma falso: un dipendente pubblico non ha
alcuna possibilità di compiere quella scelta, visto che lo Stato si prende le
tasse dalla sua stessa busta paga senza chiedere alcun permesso o gradimento, o
giuramento.
La
raffica di lettere è servita a sceneggiare il messaggio di fine anno, facendo
apparire Napolitano estraneo, anzi, compartecipe alle sofferenze del popolo
italiano. Eppure quelle sofferenze portano sempre la sua firma. Si tratti di
Veronica da Empoli, laureata e disoccupata da 3 anni (la disoccupazione
giovanile è esplosa sotto i governi Monti e Letta grazie alle politiche
economiche controfirmate dal presidente della Repubblica). O si tratti di Marco
della provincia di Torino, che al Capo dello stato ha chiesto di citare “la
gravità” della condizione degli esodati. Grave sì, ma provocata dalla legge di
Elsa Fornero sulle pensioni. Sollecitata e controfirmata anche con tutte le sue
pecche proprio dal presidente della Repubblica che pecca e poi si nasconde
dietro la sceneggiata del “gobbo” del 31 dicembre…Franco Bechis
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