sabato 4 gennaio 2014

E IO PAGO: ECCO QUANTO CI E’ COSTATO NAPOLITANO IN OTTO ANNI


La sceneggiata delle lettere di fine anno è servita a Re Giorgio per nascondere che in 8 anni ha firmato manovre zeppe di tasse e orrori (vedi gli esodati). E il record è dei «suoi» governi
C’è la firma di Giorgio Napolitano in calce alle manovre finanziarie degli ultimi otto anni. Una firma grazie a cui sono diventati ormai legge 442 miliardi e 79 milioni di euro di nuove tasse lorde in 14 anni (gli effetti si prolungano infatti fino al 2020). Nuove tasse a tutti gli effetti. Potevano essere di più, poi sia la legge di stabilità del 2013 che quella per il 2014 (con la riduzione del cuneo fiscale) hanno corretto un po’ il tiro. Nonostante questo gli anni 2016, 2015 e 2014 nell’ordine saranno quelli di massimo incremento di nuove tasse grazie a manovre di anni passati: secondo i dati della ragioneria generale dello Stato le nuove entrate provocate dalle manovre che si sono susseguite dal 2011 ad oggi saranno 58,3 miliardi nel 2016, 55,1 miliardi di euro nel 2015 e 50,6 miliardi di euro nel 2014. Questo triennio è il record assoluto per le nuove tasse nella storia della Repubblica italiana. Ma non scherzano le cifre già subìte negli ultimi due anni né quelle degli anni che devono ancora venire, fino al 2020. Più della metà delle nuove entrate lorde (tasse e tagli alle agevolazioni fiscali) sono state stabilite dagli unici due governi che sono stati decisi direttamente dal presidente della Repubblica e non indicati dal voto popolare: quello di Mario Monti e quello di Enrico Letta. I due governi hanno scritto norme che valgono fino al 2020 circa 240 di quei 442 miliardi di nuove tasse. Ma non hanno scherzato nemmeno le due manovre estive firmate da Silvio Berlusconi e dal suo ministro dell’Economia, Giulio Tremonti nel


 2011: hanno comportato ben 96 miliardi di nuove entrate future (solo le briciole però nel 2011). Anche in questo caso la firma di Napolitano è stata più che complice (certo, su pressing di Germania, Francia e Unione europea). Fu il presidente della Repubblica a spingere da lì in poi sull’acceleratore delle tasse, ritenendo che questa fosse la via più breve ed efficace per “salvare l’Italia”. Nei tre anni precedenti invece il governo Berlusconi aveva varato 15 miliardi di nuove entrate lorde, con un ritmo fra i più bassi in assoluto.  Erano state quasi 29 miliardi le nuove tasse lorde varate nel biennio precedente dal governo di Romano Prodi con la prima controfirma di Napolitano presidente della Repubblica.
Napolitano è quindi il presidente che nella storia di Italia ha controfirmato più tasse in assoluto. Per questo ha sorpreso la contrizione mostrata dal Capo dello Stato in tv martedì scorso nel messaggio di fine anno. L’apice è stato toccato leggendo un’anonima (e poco credibile) lettera di un dipendente pubblico: «un padre di famiglia, titolare di un modesto stipendio pubblico», che avrebbe scritto al Capo dello Stato : «Questo mese devo decidere se pagare alcune tasse o comprare il minimo per la sopravvivenza dei miei due figli...».  Napolitano ha chiosato: «E mi dice di vergognarsi per questo angoscioso dilemma, pensando al patto sottoscritto con le istituzioni, al giuramento di pagare le tasse sempre e comunque». Dilemma commovente, ma falso: un dipendente pubblico non ha alcuna possibilità di compiere quella scelta, visto che lo Stato si prende le tasse dalla sua stessa busta paga senza chiedere alcun permesso o gradimento, o giuramento. 
La raffica di lettere è servita a sceneggiare il messaggio di fine anno, facendo apparire Napolitano estraneo, anzi, compartecipe alle sofferenze del popolo italiano. Eppure quelle sofferenze portano sempre la sua firma. Si tratti di Veronica da Empoli, laureata e disoccupata da 3 anni (la disoccupazione giovanile è esplosa sotto i governi Monti e Letta grazie alle politiche economiche controfirmate dal presidente della Repubblica). O si tratti di Marco della provincia di Torino, che al Capo dello stato ha chiesto di citare “la gravità” della condizione degli esodati. Grave sì, ma provocata dalla legge di Elsa Fornero sulle pensioni. Sollecitata e controfirmata anche con tutte le sue pecche proprio dal presidente della Repubblica che pecca e poi si nasconde dietro la sceneggiata del “gobbo” del 31 dicembre…Franco Bechis

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