lunedì 7 febbraio 2011

COSA SUCCEDE A RAVENNA: DIETRO AI PORTI DELLA COOPERATIVA L’OMBRA DI UNA MEGA SVENDITA.

ANOMALIE:PER UNA PERIZIA DEL 2009 L’INVESTIMENTO PORTUALE ERA DI 38 MILIONI ADESSO SI E’ RIDOTTO A 20. SOSPETTI: LA COOP HA CEDUTO QUOTE DI SOCIETA’ CONTROLLATA ALLA VIGILIA DEL TRACOLLO FINANZIARIO

CHE FESTA Bersani all’apertura della darsena di Casalborsetti insieme a Giangrandi, Errani, Matteucci.


Dal Giornale 6 febbraio 2010 Stefano Filippi

Valutato 20 milioni di euro dai liquidatori, il business dei porti turistici è l’asset più redditizio per Cmr. Il settore è cresciuto nel tempo. La coop di Filo d’Argenta ha realizzato e gestisce, tra gli altri, la darsena di Porto Reno di Casalborsetti tra Comacchio e Ravenna (inaugurata nel 2007 dall’allora ministro Bersani e dal governatore Errani, originario del Ravennate), quella di Marina di Montenero di Bisaccia (patria dell’ex ministro Antonio Di Pietro) e il nuovo porto di Marina di Ravenna. I porti sono tra i rari interventi realizzati direttamente dalla Cmr senza passare attraverso appalti e commesse. Porto Reno non è mai decollato, benché sia stato voluto dall’ex sindaco di Ravenna (ora senatore pd) Vidmer Mercatali e sponsorizzato dalle autorevoli mani ministeriali che ne tagliarono il nastro. Situazione analoga a Marinara, dove il progetto è più ambizioso e le possibilità di crescita restano comunque intatte, visto che fu realizzato in project financing con l’intervento di due colossi bancari come Unicredit e Intesa Sanpaolo che continuano a credere nell’investimento. Figlio anch’esso di Mercatali che realizzò un’idea del predecessore, il porto ravennate è gestito dalla Seaser spa, in cui Cmr ha la maggioranza (72 per cento), altre coop il 18 mentre il restante 10 per cento è in mano a un privato, Luigi Vitali, imprenditore turistico. È un’opera gigantesca: 700 posti barca, case, bungalow dall’architettura nordica, uffici, negozi, parcheggi. La nuova Milano Marittima, si diceva. Un investimento di lusso forse ispirato alle scorribande nautiche di Massimo D’Alema ma estraneo al core business di Cmr; tuttavia la coop acquisì tre quarti del capitale Seaser per garantirsi di costruire e amministrare il complesso, si presume a beneficio di tutti i soci. E qui sorgono i primi dubbi legati alla liquidazione. Una perizia giurata di fine 2009 stimò l’intero investimento portuale di Cmr in 38 milioni di euro, mentre ora per i liquidatori si è ridotto della metà. Come mai? C’è sotto qualcosa? Due sono i personaggi chiave in questa vicenda: Lauro Capisani, vicepresidente e poi liquidatore di Cmr, e Bruno

Caravita, direttore generale Cmr e presidente Seaser (Capisani ne è consigliere). La gestione del porto non fa capo direttamente a Seaser, ma a una serie di società tutte riconducibili a Caravita: la parte a mare è affidata a Marinagest, i cui poteri sono divisi tra lui e la moglie Patrizia Odessa (Marinagest affitta gli ormeggi, versa a Seaser un canone fisso e trattiene il resto); un’altra società in mano loro, la Sogemar, gestisce la parte a terra mentre una terza azienda di famiglia, la Myo, ha creato lo «Yacht outlet» per tentare (invano) di rivitalizzare l’asfittica attività commerciale. La moltiplicazione di società frutta lauti compensi ai dirigenti Cmr ma non garantisce il successo dell’investimento né grossi vantaggi ai soci della cooperativa in crisi. Pochi posti barca venduti. Abitazioni vuote. Negozi deserti. E ora la prospettiva della liquidazione. Ma il sospetto è che la svalutazione nasconda una svendita. Sospetto rafforzato da un’operazione compiuta da Cmr pochi giorni prima di portare i libri in tribunale. Succede che il 4 ottobre la coop vende al Gruppo Nettuno di Ravenna (colosso delle costruzioni partner di Cmr in numerosi cantieri) il 60 per cento di una società interamente controllata, la Serco srl di Porto Maggiore, intestataria di immobili e partecipazioni in diverse società. Patrimonio che esce dall’orbita Cmr alla vigilia del crac. I vertici di Serco sono ancora Capisani (presidente e in seguito amministratore unico) e Caravita (consigliere delegato).



Nel bilancio 2009 di Cmr, Serco vale 860mila euro. I suoi cespiti potrebbero fruttare alcuni milioni di euro. Viceversa la società viene ceduta non al valore reale ma a quello nominale: appena 12mila euro. Un gentile omaggio. Come amministratore e liquidatore di Cmr, Capisani dovrebbe tutelarne i beni; invece ne regala una parte a imprenditori amici e si mette a curare i loro interessi. Infatti Serco, ormai entrata nell’orbita di Nettuno, svende per complessivi 80mila euro ad altre società del gruppo varie partecipazioni in società che hanno in portafoglio il nuovo centro commerciale Eurolandia accanto a Mirabilandia e altri immobili a Marinara. Invece che salvaguardare i creditori, i vertici della coop sottraggono al patrimonio cespiti di grande valore. Chi ne trae profitto è il Gruppo Nettuno, che senza questa operazione ora avrebbe come socio il tribunale di Ferrara. Ma c’è di più. Serco possedeva anche vari uffici a Marinara. In quattro e quattr’otto Capisani vende anche questi immobili. Il compratore è la società Marina Estate costituita soltanto quattro giorni prima da Maria Giulia Scozzoli (persona legata a Paolo Conforti, presidente del Gruppo Nettuno e di Eurolandia). Il valore è fissato in 1.785.000 euro; ma al netto del mutuo bancario la signora Scozzoli stacca un assegno di appena 2.243,14 euro. Un altro regalo, visto che gli immobili sono affittati, e l'affitto copre il mutuo. Tre anni prima Serco aveva rilevato quei beni da Seaser per oltre due milioni.

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