Altri tre imprenditori, beneficiari di illeciti finanziamenti, dovranno rispondere degli stessi reati a titolo concorsuale, il lavoro della Guardia di Finanza di Faenza.
Ravenna, 5 giugno 2012 - All’inizio è apparso assurdo: come poteva un direttore di banca rubare soldi ad alcuni clienti per erogare credito ai suoi amici senza che nessuno se ne accorgesse. Eppure è accaduto ed è durato per circa cinque anni. Diverse centinaia le operazioni ricostruite dalla Guardia di Finanza, un lavoro a dir poco “certosino” che ha impegnato non poco gli inquirenti, coordinati dalla Procura della Repubblica di Ravenna. Neppure gli esperti interni della banca sono riusciti a individuare e descrivere il vorticoso giro di denaro. Alla fine ha ceduto il passo anche il direttore, risucchiato dal vortice di operazioni da lui stesso architettate, che non ha potuto far altro che dimettersi dall’istituto di credito, probabilmente con l’intenzione di evitare provvedimenti limitativi della sua libertà ed anticipare il licenziamento in tronco della Banca. Il denaro rubato veniva fatto transitare su conti correnti falsamente intestati a persone ignare, a loro volta collegati ad un conto “fidi”, questo effettivamente esistente ed intestato ad un noto imprenditore, sul quale la banca aveva accordato uno sconfinamento di 1,5 milioni di euro: una sorta di bancomat sapientemente utilizzato dall’infedele direttore a suo uso e consumo. Non è stato sicuramente facile tenere sotto controllo e far quadrare “i conti” giorno per giorno in un lasso di tempo così lungo. L’attività delittuosa doveva essere costantemente monitorata dal suo “inventore” in modo tale che i furti sul conto fidi fossero coordinati con i regolari sconfinamenti dell’imprenditore: la somma rubata e quella regolarmente utilizzata dal titolare legittimo del conto fidi non doveva mai superare 1,5 milioni di euro. Parallelamente il direttore doveva far quadrare la cassa, e ci riusciva quotidianamente con artifizi contabili.
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