Ferrara. La sera dell’11 luglio 1857, per la prima volta, la luce elettrica illuminò la Piazza della Pace durante i festeggiamenti per la visita di papa Pio IX. Non era la luce delle convenienti lampadine a filamento, perché Thomas Edison le avrebbe inventate vent'anni più tardi. Era la luce potente delle lampade ad arco, purtroppo poco durature. Quella sera ci fu anche una scossa di terremoto. Sapete che cosa dissero i superstiziosi dell’epoca? Che il terremoto era stato provocato dalle nuove lampade perché non avevano gli stoppini ed erano senza fiamma. In quel tempo c’erano anche i nemici irriducibili del treno, che sostenevano che viaggiare a una velocità superiore a trenta chilometri orari avrebbe provocato terribili malattie. Non riuscirono però, i menagrami, a fermare il lavori della ferrovia Bologna Ferrara che fu inaugurata nel 1859, esattamente due anni dopo. Per l’illuminazione pubblica, a Ferrara, vennero invece scelti i lampioni a gas per ragioni di efficienza, anche sulla base delle esperienza di altre città. Dopo mezzo secolo però, ovunque, i lampioni a gas furono sostituiti con quelli elettrici con una progressione inarrestabile e con un’efficienza superiore di parecchi ordini di grandezza. Le vicende ferraresi alle soglie dell’unità d’Italia assomigliano alla querelle attuale sull’energia nucleare e sugli OGM, con la differenza che allora, almeno, riuscì a passare il treno.
Nell’Italia di oggi, invece, non passa proprio niente. La cappa di piombo dei menagrami incombe sulla nostra economia e sulla nostra cultura nonostante l’esempio giapponese dove quel popolo, povero di materie prime come noi, ha avuto il coraggio di riaccendere i reattori. Noi invece ci permettiamo anche di distruggere trent’anni di ricerca dell’Università della Tuscia e ci prepariamo a pagare una penale di mezzo miliardo pur di non fare il ponte di Messina. Quel ponte, credetemi, lo costruiranno comunque i nostri nipoti che paragoneranno Corrado Passera ai menagrami di Ferrara. 120720 Daniele Leoni
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