Se, durante l’estate, non trovate
di meglio da fare e volete farvi quattro tragicomiche risate il consiglio è di
acquistare, di tanto in tanto, il manifesto.
Il noto quotidiano indefesso comunista ospiterà infatti, per tutto il mese
d’agosto, la ristampa delle prime pagine storiche. La prima, di ieri, era
l’edizione del 10 settembre 1976, giorno dell’annuncio della morte di Mao. Il manifesto, a gran voce,
titolava: «È morto il compagno Mao Tse-tung. Ci ha insegnato che il comunismo è
il radicale rovesciamento della storia fondata sull’egoismo e sullo
sfruttamento. Per questo dalla Cina “arretrata” è partito il solo
suggerimento adeguato per affrontare la crisi di civiltà dell’“avanzato”
Occidente». Mao, insomma, era (e probabilmente è ancora) un eroe dei compagni
del manifesto. Peccato che, come tutti sanno, fosse anche un feroce dittatore.
Il numero di sue vittime innocenti, fra il 1949 e il 1976, varia, secondo le
stime, dai 20 agli 80 milioni: da 2 a 5 milioni di contadini durante il terrore
della riforma agraria nel 1951-1952, da 20 a 40 milioni per la carestia del
1959, alcuni milioni per i laogai (forma di disumano
lavoro forzato per i prigionieri politici) e da 1 a 3 milioni per la
Rivoluzione Culturale. Il titolo del manifesto ha, comunque, un’illustre
precedente. Come non ricordare, 23 anni prima, il numero dell’Unità che,
riferendosi alla morte di Stalin, lo esaltava in questo modo: «Stalin è morto.
Gloria eterna all’uomo che più di tutti ha fatto per la liberazione e per il
progresso dell’umanità. Il Capo dei lavoratori di tutto il mondo si è spento
ieri sera a Mosca alle 21:50 ».
Ricordate la meravigliosa scena di Berlusconi che sbatteva in faccia la copia
ad una giornalista dell’Unità la quale sosteneva che il suo continuo chiamare
il quotidiano “comunista” fosse un atto scorretto? Del resto quanto diceva
l’Unità era quello che pensava il Pci che, nella nota ufficiale diceva:
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