L'ex governatore
dell'Emilia-Romagna fu responsabile della ricostruzione post terremoto fino al
luglio 2014. C'è chi vede nella nomina per la ricostruzione delle zone colpite
il 24 agosto solo una mossa politica di Matteo Renzi. Altri dicono che il suo
ruolo è stato invece decisivo. Dai Moduli abitativi provvisori (che nel
modenese, 4 anni dopo, ci sono ancora) alle soluzioni trovate per far arrivare
fondi alle persone colpite, ecco dati e testimonianze del lavoro svolto dopo il
20 maggio 2012
Il risultato che tutti gli
riconoscono è l’invenzione della cosiddetta “Cambiale Errani”: un finanziamento
della Cassa depositi e prestiti grazie al quale i terremotati dell’Emilia
hanno ottenuto sei miliardi per la ricostruzione. La promessa mancata sta
invece tutta in una frase pronunciata nel maggio del 2014: “Entro
la fine del 2015 gli sfollati che abitano nei container avranno una casa”.
In realtà mancano all’appello ancora 335 famiglie. La ricetta di Vasco Errani (che
giovedì mattina riceverà ufficialmente la nomina a Commissario per la
ricostruzione post-sisma) può funzionare anche nei paesi terremotati del
Centro Italia? C’è chi vede nella nomina dell’uomo che per 16 anni ha
guidato la Regione Emilia Romagna solo una mossa politica di Matteo Renzi per ricucire
con la minoranza Pd (Errani è sempre stato fedelissimo di Pier Luigi Bersani). Altri
dicono che il suo ruolo è stato invece decisivo. Come stanno le cose? Partiamo
dai dati. Stando ai numeri forniti dalla stessa Regione in occasione del quarto
anniversario delle scosse, ci sono quasi 10mila persone, pari a 3mila famiglie (nel 2012 le
famiglie erano 16.547) ancora fuori dalle loro case. Oggi di queste 3mila
famiglie, 135 sono ancora nei Map (moduli abitativi provvisori) ‘urbani’,
mentre circa 200 si trovano in quelli di campagna. Le casette, che dovevano
essere provvisorie, sono a Novi di Modena (37), a Mirandola (30), a San Felice
sul Panaro (22), a Cento, Cavezzo, San Possidonio (12 a testa), a Concordia
(10). Colpisce in particolare il dato di Novi che ha più Map di Mirandola,
nonostante quest’ultima abbia il doppio degli abitanti. Tra le persone ancora
senza casa c’è poi chi prende dei contributi per pagarsi un affitto o una
diversa ospitalità. “Spero che gli sfollati del Centro Italia non vengano
sistemati nel container, come fu fatto con noi: tra le lamiere è impossibile
vivere”. Lorena Bonfatti
da quattro anni vive in un Map a Novi di Modena, uno
dei paesi più colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012 che mise
in ginocchio la Bassa modenese.
Per la ricostruzione di
abitazioni e imprese sono stati concessi
2,8 miliardi euro e liquidati
1,5 miliardi. In totale la stima dei danni fatta all’indomani
della catastrofe toccò quota 13
miliardi. Fiore all’occhiello della ricostruzione sono invece
sicuramente le grandi multinazionali, in particolare quelle del biomedicale,
che sono riuscite a ripartire subito, ma solo grazie alle loro dimensioni e ai
lauti rimborsi da parte delle assicurazioni. Faticano un po’ di più le piccole aziende: su quasi
3mila procedure di ripristino di attività produttive, mille
ancora attendono l’approvazione.
Per ciò che riguarda le
abitazioni e in generale gli immobili, su un totale di circa 9mila progetti,
quasi 7mila hanno ottenuto il contributo. Stenta molto di più invece il
recupero delle opere pubbliche, in particolare nei centri storici, pieni in
molti casi opere di pregio storico e architettonico: basta pensare a Mirandola,
Finale Emilia, San Felice sul Panaro, cittadine che vedono molti monumenti
ancora inagibili e puntellati o semplicemente semidistrutti. In questo caso
solo il 31% dei finanziamenti è stato approvato. “Quando ci sono tantissimi
beni culturali che hanno dei vincoli e i funzionari di riferimento vengono
continuamente cambiati all’interno delle soprintendenze, si fa fatica”, ammette
Fernando Ferioli,
fino
ad aprile 2016 sindaco di Finale Emilia.
Ferioli ha lavorato fianco
a fianco con Errani per due anni: “Fu molto presente sin dalle prime ore del
mattino di quel 20 maggio. Ci disse che soldi non ce n’erano anche se poi
iniziò una corsa avanti e indietro con Roma per ottenere qualcosa. Faceva
incontri costanti coi sindaci, non faceva tutto lui, ma parlava coi territori
ed era un tessitore”.
C’è chi però la vede
diversamente. “Errani deve
imparare a dialogare direttamente coi terremotati, non solo con
le istituzioni. Allora potrà fare qualcosa di buono”, spiega Aureliano Mascioli che ha
perso la sua casa a Novi di Modena. “Oggi a Novi e in altri comuni del cratere
i Map, che io chiamo baracche,
ci sono ancora”. Oltre all’allora presidente, anche un assessore di
Errani, Giancarlo Muzzarelli, a novembre 2013 in consiglio regionale promise
che, “al massimo entro due
anni”, i Map sarebbero stati smantellati. Ma sono ancora lì.
Non manca tuttavia il
riconoscimento da parte di Mascioli che qualche grosso merito l’allora
commissario lo ha avuto nella gestione del post sisma: “È lui che si inventò la
Cambiale Errani:
un sistema finanziato dalla Cassa depositi e prestiti tramite credito di
imposta e che ha portato i finanziamenti a 6 miliardi. Geniale”, ammette lo
stesso Mascioli. “Poi però è mancata un po’ di progettualità e non si è concepito il terremotato come soggetto pensante”.
Nel valutare nel complesso
il Modello Emilia, anche se la Regione in questo non ha di per sè
responsabilità, non bisogna poi dimenticare che la ricostruzione anche qui al
nord è stata oggetto degli appetiti della criminalità organizzata. Le carte
dell’inchiesta Aemilia della Dda di Bologna parlano chiaramente dei tentativi
di infiltrazione nei lavori. “Eppure Errani – garantisce Ferioli – fu colui che
volle a tutti i costi il sistema delle white list per escludere dai cantieri le
aziende legate alle mafie”. Un
sistema che in effetti è riuscito in alcuni casi a frenare e a individuare le
infiltrazioni.
Lorena Bonfatti, che prima
faceva la commerciante, con il terremoto del 2012 ha perso casa e lavoro. “A
quattro anni dal sisma, qui la priorità è far ripartire l’economia di questo
territorio e il lavoro, che oggi non c’è. Senza lavoro noi siamo costretti a
chiedere aiuti economici al Comune e alle istituzioni per qualsiasi cosa,
mettendo da parte la nostra dignità. Non ci piace, ma non abbiamo altra scelta. Solo con il lavoro potremmo
tornare a essere delle persone normali, e le città tornare a vivere come una
volta”.
Ce la farà Errani? Secondo
l’ex sindaco Ferioli sì: “L’Emilia vedeva inizialmente oltre 100 comuni
coinvolti e un’area vastissima. Il terremoto di questi giorni ha fatto
tantissime vittime ma ha colpito un territorio limitato”.Tra i sindaci
dell’Emilia c’è anche Maino Benatti, primo cittadino Pd di Mirandola, impegnato
sin dal 2012 nella ricostruzione della sua città: “C’è chi dice che siamo
indietro? Ma indietro rispetto a chi? Ci sono zone terremotate che dopo 15-20
anni sono più indietro di noi”.
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