VERSATI 2,4 MILIONI DI EURO PER CONSULENZE FITTIZIE. IL SOSPETTO DEI PM:ERA UN FINANZIAMENTO AI DS
Il "sisitema Sesto" è un po’ come il vaso di Pandora: ovunque ti giri, spuntano tangenti. Non tutte chiare, non tutte destinate all’ex sindaco di Sesto San Giovanni Filippo Penati e soprattutto non tutte servite per finanziare le attività politiche dei Ds tra la provincia e Milano. L’ultima traccia scoperta dagli inquirenti porta infatti ben oltre i confini della Lombardia anche se si dissolve tra i Lidi di Ravenna e le campagne di Modena. E’ qui infatti che, inspiega-bilmente, finiscono 2 milioni e 400 mila euro versati dall’imprenditore edile ed esponente del centrodestra Giuseppe Pasini a due società indicate dalle co-operative rosse di Bologna: la Fingest di Modena e la Aesse di Ravenna. Secondo il materiale raccolto dagli inquirenti monzesi, i pm Walter Mapelli e Franca Macchia, il passaggio di denaro, avvenuto nel 2002 in almeno 4 tranches da 619 mila euro ciascuna, non ha infatti una spiegazione plausibile, visto che le fatture emesse a fronte dei pagamenti di Pasini parlano di contratti per lavori inesistenti. Generiche consulenze per l’estero che poco sarebbero servite in quel periodo a Pasini, in lotta per ottenere dal comune di Sesto San Giovanni una deroga al Prg che gli consentisse di avere un aumento volume-trico sulle costruzioni da realizzare nell’area ex Falk. Secondo le accuse, ad indicare a Pasini le due società, i cui titolari, Francesco Aniello (avvocato sici-liano) e Giampaolo Salami (professionista ravennate) erano legati al Consorzio Cooperative Costruzioni, sarebbe stato Omer Degli Espositi, il 63enne vice-presidente della Ccc ora indagato (insieme ai due consulenti) per concorso in concussione, corruzione e finanziamento illecito ai partiti. Pasini ai pm avrebbe spiegato che dopo aver acquistato l’area Falk per 380
miliardi di lire arrivò a un accordo con Penati per non subire intralci burocratici che prevedeva il versamento di una tangente complessiva di 20 miliardi di lire, in pratica il 5 per cento sul valore dell’area. Una cifra che l’imprenditore, ora consigliere comunale del centrodestra, si sarebbe impegnato a versare in diverse modalità: 4 miliardi di lire subito (si parla del 2002) aprendo un conto in Lussemburgo che servì in gran parte per rifondere una parte dei fi-nanziamenti a Penati ricevuti dall’imprenditore dei trasporti e Grande Accusatore, Piero Di Caterina. In pratica con quei soldi, Pasini consentì all’allora sindaco di Sesto di iniziare a far fronte ai suoi debiti con Di Caterina, tenendo per sè, o meglio per le spese della sua struttura politica, "solo" 500 milioni di lire, che vennero prelevati in Svizzera dal suo braccio destro Giordano Vimercati. Esistono le contabili bancarie e i numeri di conto corrente forniti da-gli stessi imprenditori che non lasciano spazio a molti dubbi. Un’altra parte dell’accordo tra Pasini e Penati, almeno secondo l’imprenditore, avrebbe previ-sto invece l’intervento della Ccc di Bologna per l’appalto di alcuni lavori nell’area. Infine, il versamento di quei famosi 2 milioni e 400 mila euro alle due pic-cole società di consulenza di Modena e Ravenna. Che fine hanno fatto quei soldi? A chi erano destinati veramente? Il sospetto degli investigatori, anche in questo caso, è che si sia trattato di un pagamento per i vertici nazionali del partito di Penati dell’epoca, ovvero i Ds. Ieri intanto i magistrati di Monza hanno interrogato un altro indagato, Antonio Princiotta, segretario generale prima del comune di Sesto e poi della Provincia sempre con Penati. Accompa-gnato dal suo legale, l’avvocato Luca Giuliante (lo stesso di Lele Mora, nonchè tesoriere del Pdl lombardo), Princiotta è stato ascoltato per un paio d’ore. Secondo Di Caterina, il burocrate vicino a Penati avrebbe ricevuto la promessa e il versamento di 100 mila euro (in tranche da 2000 euro ciascuna, l’ultima nel 2008) per stendere la delibera della Provincia, firmata da Penati il 9 gennaio del 2009, che risolvesse il contenzioso dell’imprenditore con l’Atm di Elio Catania, obbligando l’azienda dei trasporti milanesi a versare alla Caronte 12 milioni di euro dovuti dagli introiti dei biglietti. Crediti tutt’ora vantati da Di Caterina, visto che l’esecutività della delibera è stata poi bloccata dalla nuova giunta di Podestà. Princiotta ha negato le accuse, sostenendo in pratica che Di Caterina sarebbe impazzito. Ma come si sa, talvolta la verità è patrimonio dei folli. E qui il manicomio è appena cominciato. Paolo Colonello della STAMPA
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