“Se io avessi previsto
tutto questo, forse farei lo stesso”. È passato poco più di un anno da quando
Carlo Cottarelli si è dimesso, eppure non rinuncia a questo verso di Guccini
per introdursi. In un anno, il Governo Renzi ha prima gonfiato di aspettative
la spending review
(10 i miliardi di tagli previsti) per poi limitarsi a 6 miliardi, nonostante
l’anno di lavoro svolto a titolo gratuito da Roberto Perotti, ennesimo commissario
dimissionario. Cottarelli intanto è tornato a Washinghton, a lavorare per il
Fondo Monetario. Prima però ha scritto “La Lista della Spesa”, in cui
l’ex-commissario non si stanca di ripetere un ritornello: «Il primo passo per
cambiare la spesa pubblica italiana è sfatare le leggende metropolitane». Secondo Cottarelli, per arrivare ad un livello
sostenibile di spesa, comparabile con gli altri paesi europei, servirebbero
ancora tagli
nell’ordine dei 30 miliardi. Questo perché, purtroppo, possiamo permetterci
meno spesa degli altri paesi, soprattutto se non vogliamo far pagare più tasse
ai nostri cittadini. Cottarelli stima che si potrebbero risparmiare 85.000
persone (su oltre 3 milioni di dipendenti pubblici): non per forza tutti
incapaci, ladri o fannulloni, ma spesso semplicemente addetti a compiti di cui
si potrebbe fare a meno, che lo Stato non è in grado di reimpiegare in maniera
produttiva. Cottarelli fa l’esempio dei commessi
un tempo addetti a spostare pratiche da un ufficio all’altro di Roma. Con
l’arrivo delle e-mail, il loro lavoro è diventato inutile e adesso stazionano,
senza mansione, dietro le loro scrivanie negli ampi corridoi dei ministeri
romani. Non sarebbe meglio impiegarli per tenere aperte le biblioteche?
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