venerdì 10 marzo 2017

LEONARDO DA VINCI: SABBIE GIALLE, AZZURRE ,ANTICO MARE E ODIERNA CERAMICA. BRISIGHELLA E RIOLO TERME


La particolare geologia del basso Appennino faentino tagliato dal fiume Lamone è osservata e descritta per la prima volta da Leonardo da Vinci: “… e il segnio di ciò si vede dove per antico li Monti Appennini versano li lor fiumi nel mare Adriatico, li quali in gran parte mostrano infra li monti gran somma di nichi insieme coll’azzurrigno terren di mare”, “… e nel congiungersi colle pianure, le predette falde son tutte di terra da fare boccali, come si dimostrano, in Val di Lamona, fare al fiume Lamona…”.
  A poca distanza dall’azienda si trovano aree verdi protette di grande interesse paesaggistico e naturalistico. I nostri terreni sono nella cintura verde che circonda l’area del Parco Regionale della Vena del Gesso Romagnola istituito nel 2005 per valorizzare un geosito di interesse internazionale. 
Meritano una visita i pini centenari nei pressi del colle dell’Olmatello e lo spettacolare fenomeno erosivo dei calanchi: anfiteatri naturali di argille azzurre che si aprono fra Brisighella e Riolo Terme e hanno reso celebri nel mondo le belle ceramiche di Faenza. L’argilla è la materia prima fondamentale per la produzione di ceramica: i manufatti per uso domestico e le opere artistiche delle storiche botteghe artigiane di Faenza, i materiali da costruzione (piastrelle e laterizi) e le nuove tecnologie. Lo stretto rapporto che lega la nostra città alle argille azzurre delle sue colline è testimoniato dall’uso del termine “faenza” in italiano e del corrispondente francese “fayence” per identificare nel mondo la maiolica


(ceramica rivestita di smalto). I geologi moderni interpretano le rocce e i fossili (i ‘nichi’ leonardeschi) visibili oggi nei terreni della nostra azienda come la fine della “crisi di salinità messiniana”: i 700 mila anni durante i quali le acque del Mediterraneo rimasero separate dall’Oceano Atlantico e andarono gradualmente concentrandosi.
La riapertura dello Stretto di Gibilterra e la catastrofica conseguente inondazione del Mediterraneo, datata circa 5,3 milioni di anni fa, segna l’inizio del Pliocene e il veloce ripopolamento di organismi di mare abbastanza profondo del Mediterraneo tornato ad una salinità normale. L’estesa depressione padana (nata alla fine del Miocene) rioccupata dal mare, si trasformò in un ampio golfo, delimitato a nord dalle Alpi ed a sud-sud ovest dai settori già emersi della catena appenninica.

I depositi di argille azzurre documentano l’antico fondale fangoso che ricoprì gran parte del bacino padano e dell’attuale basso Appennino Romagnolo da allora alla fine del Pleistocene Inferiore (poco meno di un milione di anni fa). I depositi di sabbie gialle sono invece i resti delle spiagge fossili dove iniziava la terraferma che a quel tempo ospitava ippopotami, elefanti, rinoceronti e i primi ominidi. Le colline della Romagna conservano le più antiche tracce di attività umane documentate in Italia: industrie litiche di 950 mila anni fa risalenti al Paleolitico Inferiore.

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