Papa Francesco è stato esplicito. Qualche giorno fa ci ha messo sotto
gli occhi una verità terribile che pochi vogliono vedere. In questa estate del
2014 è iniziata la Terza Guerra mondiale e sta provocando migliaia di morti. A
differenza dei due precedenti conflitti, quelli del 1914-1918 e del 1939-1945,
la guerra di oggi, dice Papa Francesco, viene combattuta «a pezzi». Si spara e
si muore in tante aree diverse. Nella striscia di Gaza dove si scontrano
Israele e le bande di Hamas. In Libia, che i ribelli vogliono conquistare. In
Iraq tra l’esercito regolare, oggi appoggiato dagli Stati Uniti, e i tagliagole
del Califfato islamico. In Siria dove il regime di Assad stenta ad aver ragione
di chi vuole distruggerlo. E infine in Ucraina che la Russia punta ad
annettersi. Questo succedersi di eventi sanguinosi è l’esordio di un conflitto
più vasto che, per il momento, sembra risparmiare l’Occidente, a cominciare
dall’Italia. Bisogna rifugiarsi in un’espressione cauta, «per il momento, per
ora», poiché non sappiamo quanto può accadere all’improvviso. Infatti la Terza
Guerra mondiale presenta un protagonista nuovo, feroce e di grande pericolo per
tutti: l’irrompere sulla scena globale di un terrorismo islamico che sembrava confinato
in territori lontani da noi. L’assassinio del reporter americano James Foley è
avvenuto sotto gli occhi di milioni di persone attraverso la ripresa televisiva
effettuata e diffusa dai suoi boia. Resterà nella storia non soltanto per la
tremenda zoomata sulla testa tagliata, ma per quanto è accaduto dopo. A
cominciare dalla Gran Bretagna, i governi europei hanno dovuto prendere atto
che non pochi dei loro giovani hanno raggiunto le bande del Califfato per
combattere la guerra santa. Sono ragazzi inglesi, francesi, tedeschi e forse anche italiani, convertiti
all’Islam. Come tutti i fanatici di una religione che vuole lo sterminio dei
cristiani, potrebbero ritornare a Londra, a Parigi, ad Amburgo, a Roma. E
portare qui il virus sanguinario del terrorismo. Forse non tutti se ne sono
accorti. Ma siamo entrati nell’epoca dei boia mascherati, gli assassini con il
cappuccio nero. Lo indossavano pure i terroristi di Hamas che l’altro ieri,
nella striscia di Gaza, hanno ammazzato ventuno palestinesi, presunti informatori
di Israele. Portati in qualche piazza della città, sono stati accoppati come
bestie. E anche la loro fine è stata filmata e diffusa attraverso il maledetto
web che aiuta i guardoni di tutto il mondo ad andare in orgasmo davanti a un
uomo sgozzato. Nel frattempo che cosa
accade in Italia? I nostri servizi di sicurezza ci avvisano che il rischio
del terrorismo islamico diventa sempre più vicino e allarmante. Siamo alle
prese con una maledizione che si ripete. Dal 1974 al 1988, il terrorismo delle Brigate rosse ha insanguinato le nostre
strade con decine di morti, più qualche centinaio di gambizzati. Abbiamo visto
sequestrare e uccidere un leader politico come Aldo Moro. Tuttavia la Prima
Repubblica ha retto, in virtù di un patto tra centro, destra e sinistra.
Un’intesa che, sia pure tra mille difficoltà, ha sempre tenuto. Ma in quel
tempo, l’Italia della politica era più salda di quella odierna. E disponeva di
leader che possono aver commesso molti errori, ma tutto sommato erano migliori
di quelli d’oggi. Lo scrivo per rispetto professionale della verità. Lavoravo
da giornalista allora come faccio adesso. Però in questo 2014 vedo attorno a me
un panorama di rovine. Con una Casta politica che annaspa impotente. Per di più
strozzata da una recessione profonda, un pozzo dal quale i partiti non sono
capaci di far uscire gli italiani onesti e senza potere. Di fronte alla Terza
Guerra mondiale, il governo Renzi balbetta e non sa decidere neppure le misure
indispensabili. Per cominciare, dovrebbe chiudere subito l’operazione Mare
Nostrum. L’avevo già chiesto in un Bestiario pubblicato da Libero il 4
maggio di quest’anno, quando i clandestini accettati in Italia erano a quota
trentamila. Oggi siamo a quota 110 mila e gli sbarchi continuano. Un giornalista
tedesco, che lavora qui da corrispondente, allora scrisse: la presenza di Papa
Francesco a Lampedusa è stata «un magnete» che ha attirato in casa nostra un
numero crescente di disperati, pronti a tutto pur di arrivare in Europa. Morale
della favola? Non si è fatto nulla. Dall’inizio del suo mandato, Matteo Renzi
non ha mostrato nessun interesse per gli sbarchi nell’Italia del sud. Per il
premier era ed è un non problema. Oppure in lui prevale l’imprinting cattolico,
da boy scout disposto a salvare chiunque. Soltanto qualche giorno fa, nella
visita mordi e fuggi in Iraq, si è deciso a tirare la giacca di un’Europa
sempre più impotente. E convinta nella sua vigliaccheria che la marea dei
clandestini sia soltanto una questione italiana.
Eppure il rischio crescente di un terrorismo islamista dovrebbe far
ricordare a tutti il grido di allarme che il vescovo cattolico di Mosul,
costretto a fuggire con i suoi fedeli dai tagliagole dell’Isis, ha affidato a
Lorenzo Cremonesi, inviato in Iraq dal Corriere della Sera: «Voi italiani non
sapete chi vi portate in casa. Con i clandestini salvati dalle navi della
vostra marina militare, possono arrivare terroristi islamici pronti a uccidere.
Gli esseri umani non sono tutti uguali».
Ma il governo renzista non bada a queste sottigliezze. Da noi impera
ancora uno schematismo coperto di ragnatele. Chi respinge gli sbarchi è di
destra, uno sporco leghista alla Matteo Salvini. Se invece ritieni che l’Italia
debba accettare chiunque, sei un buon samaritano di sinistra, nonché fedele
seguace di Papa Francesco. Tuttavia, se è vero che stiamo precipitando in una
guerra, dobbiamo mettere da parte il buonismo, lo spirito di carità,
l’ottimismo eccessivo, la faciloneria generosa. Per limitarmi a un esempio
solo, mi domando perché si debba permettere a due ragazze di partire da sole
per la Siria a portare qualche aiuto umanitario. Adesso Greta e Vanessa sono
prigioniere di una banda di malviventi o di ribelli al regime di Assad. Sia
chiaro: non penso a un regime di polizia che controlli i viaggi degli italiani.
Ma nessuna democrazia può durare se non si cautela di fronte a tragedie che poi
lo Stato deve risolvere.
Nel 1978, quando Moro venne rapito, la malfamata Democrazia cristiana e
il Pci ancora comunista, con l’appoggio dei grandi giornali del tempo,
rifiutarono lo scambio di prigionieri, chiesto dalla Brigate rosse e sostenuto
dal leader socialista Bettino Craxi. Ho vissuto da cronista quel dramma durato
cinquantacinque giorni. Moro venne ucciso, ma la Repubblica si salvò.
Non illudiamoci. Se la Terza Guerra mondiale durerà, dovremo pagare
tutti dei prezzi sempre più alti. L’altro giorno, un amico mi ha chiesto: «Hai
paura di quello che può accadere?». Gli ho risposto: «Sì. E la spensieratezza
di Renzi, il suo concionare, le promesse a getto continuo e non mantenute,
persino la stupidità del gavettone di acqua gelata che s’infligge da solo,
accentuano i miei timori». Poi mi rammento della Seconda Guerra mondiale che ho
visto da ragazzino. Le bombe che cadevano anche sulla mia città. Le fughe
notturne nei rifugi. La tessera del pane. Gli assalti dei partigiani. Le
rappresaglie dei tedeschi e dei fascisti repubblicani. L’inferno coperto di
sangue del primo dopoguerra. E dico a me stesso: se l’hanno scampata i bambini
come me, la scamperanno pure i bambini di questa infelice Italia di oggi. di Giampaolo Pansa
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