Brisighella: Loggetta Fabbri . Memoria
Storica Brisighella Claudia Casali e Cecilia Filippini e Egisto Pelliconi vice
presidente Memoria Storica inaugurazione mostra di Achille Lega
La Fondazione “La Memoria storica di
Brisighella” rende omaggio ad Achille Lega (1899-1934), artista brisighellese
di nascita e prematuramente scomparso all’età di 34 anni. Attraverso una
dozzina di opere, accuratamente selezionate, sarà possibile apprezzare la
straordinaria ed eccezionale vivacità espressiva di questo giovane autore,
protagonista di varie esposizioni nazionali ed internazionali, al fianco di
autori indiscussi come Marinetti, Carrà, Soffici, Rosai, in un continuo
dialogo. Dalle precoci adesioni al credo futurista del 1917, rintracciabili
nello stupefacente Vibrazioni
atmosferiche di aeroplano in volo (anticipatore delle tendenze
dell’aeropittura) o nel Ritratto della
madre; alle declinazioni intimiste del Lavoro
nei campi; alle manifestazioni di pieno Novecento (a cui aderì grazie a
Margherita Sarfatti), con la ricca serie di paesaggi e di nature pseudo-metafisiche,
per cui scrive Cecilia Filippini in catalogo: “Un artista che amava ed
apprezzava artisti quali erano stati i Macchiaioli, che a modo loro avevano
rotto con la tradizione”. Commenta Claudia Casali: “Lega mette in scena con
semplice vivace realismo vedute di paesaggi, orti, campi arati, strade
solitarie, viali alberati, percorsi fluviali, in cui si avvertono sottilmente
il profumo dell’erba, la polvere delle stradine di campagna, il caldo e
l’umidità dell’estate, con il silenzio dei suoi pomeriggi assolati e la
assordante solitudine della natura. Sono “sguardi” che ben si addicono a quel
“pittore dell’occhio e del sentimento”, come lo definì Carlo Carrà nel 1925,
elogiando il suo precoce e moderno talento artistico ed estetico. Come in Gino
Rossi, Soffici, Rosai, si coglie nella sua vibrante ed energica tavolozza la
vena creativa e cromatica di impianto pontaventiano, a sua volta debitore del
primitivismo di Giotto, Piero e del Trecento toscano”.
Le curatrici, Claudia Casali e Cecilia
Filippini, hanno tenuto una conferenza su Achille Lega e il suo tempo, presso
il Teatro Giardino, Via della Fossa a Brisighella. CURRICULUM
ACHILLE LEGA dal TRECCANI Dizionario Biografico degli Italiani -
Volume 64 (2005) di Emanuela Amici
LEGA, Achille. -
Nacque a Brisighella, in Romagna, il 21 apr. 1899, primo dei tre figli di
Giovanni Battista, romagnolo di antica e nobile casata, e di Giuseppina Baldi
Papini, proveniente da un'aristocratica famiglia pistoiese. All'età di dieci
anni si trasferì con i genitori a Firenze, città in cui trascorse il resto
della vita e in cui maturò la vocazione artistica. Apprese i primi rudimenti
pittorici ancora adolescente, presso lo studio del postmacchiaiolo L. Tommasi.
Tale breve esperienza lo indusse, nel 1914, ad abbandonare la carriera
scolastica e a iscriversi all'Accademia di belle arti e alla Scuola libera
d'incisione all'acquaforte diretta da C. Celestini. Tuttavia, insofferente
verso i metodi d'insegnamento tradizionali fu, con P. Conti e C. Pavolini, suoi
colleghi e amici, tra gli spiriti più dissidenti. Al termine del secondo anno
lasciò, così, gli studi accademici per iniziare a dipingere autonomamente. Il
primo lavoro noto del L. è un'acquaforte che ritrae il Molo di Livorno,
eseguita dal vero con L. Tommasi nel 1914.
Ritrovata fortunosamente dopo la sua morte in casa dell'amico E.
Bettarini al quale l'aveva donata, l'opera è nota in un solo esemplare,
probabilmente l'unico, e reca la data e la firma dell'autore. Il L. affiancò
sempre l'attività d'incisore a quella di pittore, acquisendo via via maggiore
abilità e partecipando a esposizioni di grande prestigio. La tecnica a lui più
congeniale fu l'acquaforte, appresa con L. Tommasi e perfezionata alla scuola
di C. Celestini il cui stile, caratterizzato dall'incisività della linea e da
forti ombre, influenzò le sue prime esecuzioni. Il L. non si limitò, tuttavia,
a emulare il maestro, ma concepì un caratteristico modo di incidere che lo rese
inconfondibile: per ottenere una fusione di tono generale ricorse al
frazionamento del segno che, da linea continua, diviene un susseguirsi di
piccole virgole, punti e tratti. Tra le opere degne di nota ricordiamo Castello
di Vinci del
1917 (acquaforte; Raccolta stampe A. Bertarelli, Civiche Raccolte
d'arte del Castello Sforzesco di Milano) e Colline toscane del 1929
(acquaforte, Collezione Timpanaro, Gabinetto disegni e stampe dell'Università
di Pisa). Tra il 1914 e il 1915, durante un soggiorno a Pistoia, ricevette i
primi rudimenti della xilografia dal pittore A. Caligiani.
L'incisione su legno, tuttavia, a differenza dell'acquaforte, fu
praticata dall'artista per un breve arco di tempo e con risultati meno
interessanti. Le prove di xilografia rintracciate sono nella maggioranza dei
casi esemplari unici sfuggiti per caso alla distruzione e mostrano una
lavorazione semplice e una stampa piuttosto scadente, spesso dovuta alla
qualità del legno non levigato e mai squadrato. Dopo il 1916, anno fecondo di
xilografie, ci sarà solo una fugace ripresa di tale tecnica nel 1919 quando,
sollecitato da C. Pavolini, il L. realizzò tre piccoli lavori lignei per la
rivista Il Centone fondata da quest'ultimo insieme con P. Conti.
Nel luglio del 1915 fu invitato per la prima volta a esporre a una
mostra collettiva organizzata a Pistoia dall'Accademia degli Armonici, dove
presentò sia dipinti sia incisioni (A. L.…, 1980, p. 24). Tale
circostanza consente di assegnare i primi lavori pittorici almeno al 1914
nonostante il L. abbia postdatato al 1916 gran parte della produzione
giovanile. Al 1914 vanno fatti risalire gli oli su cartone Ponte sospeso
alle cascine, Stabilimento Niccolini, Donna che si pettina e Contadina
sull'aia (tutti in collezioni private e riprodotti in A. L. …,
1987). In tali opere si rileva il passaggio dalla rigida osservanza ai modi
ordinati e pacati di L. Tommasi a una pennellata più libera e sciolta.
Il L. gettò le basi della sua futura costruzione pittorica, impiegando
elementi che rimarranno invariati nell'intero arco della sua attività:
l'interesse per i temi del lavoro contadino e artigiano e per il mondo
popolare, l'estrema semplificazione formale, la grande potenza espressiva. A
scomparire sarà invece, nel volgere di pochi anni, la figura umana qui ancora
presente, per lasciare il posto al paesaggio, assoluto protagonista della
produzione successiva.
In quegli anni prese parte agli accesi dibattiti di giovani artisti e
intellettuali che animavano il caffè fiorentino delle Giubbe rosse. Nel corso
di tali riunioni ebbe modo di stringere forti legami d'amicizia come quello,
durato tutta la vita, con O. Rosai e di incontrare personalità di spicco quali
A. Soffici, F.T. Marinetti, U. Boccioni e C. Carrà, che su di lui esercitarono
un determinante influsso.
Tra il 1916 e il 1919 si colloca la parentesi futurista del L., vissuta
come una spinta vitalistica in opposizione all'accademismo degli ambienti
ufficiali. Punto di riferimento costante in questi tre anni di sperimentazioni
fu Soffici, colui che diede il primo impulso al futurismo fiorentino, nato in
risposta al movimento milanese capeggiato da Marinetti. Il L., come Soffici,
non si spinse mai oltre il figurativo e mantenne uno stile solenne e pacato in
contrapposizione al dinamismo dei colleghi milanesi. Nelle opere realizzate in
questo periodo gli elementi reali rimangono ben decifrabili e, sebbene la forma
venga in parte liberata dallo schema naturalistico, l'intervento di
scomposizione si limita ad accentuare le curvature che il vero suggerisce e a
movimentare la composizione. Il futurismo rappresentò per il L. soprattutto
un'amplificazione della gamma cromatica; in alcuni dipinti, come Periferia
(tempera su cartone, 1916; Bergamo, collezione privata; A. L.…, 1987,
fig. 5) e Case coloniche (olio su cartone, 1917; Milano, collezione
privata; ibid., fig. 7) la visione si accende di colori squillanti, quasi
irreali, sintomo di una nuova esigenza stilistica. Vibrazioni atmosferiche
di un aeroplano in volo (olio su cartone, 1917; Firenze, collezione
privata; ibid., fig. 24) è forse l'opera più significativa del periodo futurista.
Il dipinto è stato considerato dalla critica il primo esempio di
"aeropittura". A segnalarlo fu A. Manca in una lettera a Marinetti
intitolata Chi è il padre dell'aeropittura? (pubbl. in Corriere
padano, 18 ag. 1934), in cui indicava nel L. un antesignano di tale genere
pittorico. L'opera non fu mai esposta prima della morte dell'artista e fu
presentata per la prima volta al pubblico nel 1934, in occasione della
retrospettiva allestita presso la galleria dell'Accademia di belle arti di
Firenze (A. L.…, 1977, p. 45).
Nel 1918 venne chiamato per il servizio di leva a Carrara come semplice
soldato di fanteria, evento che lo distolse per circa un anno dall'attività
pittorica. A Firenze fu tra i primissimi sostenitori del fascismo con E. Rocca,
E. Settimelli, Martinetti e Rosai con i quali, nel 1918, diede vita al fascio
della Nuova Italia, un piccolo gruppo d'intellettuali che appoggiò tenacemente
l'operato di Mussolini e che trovò sfogo nelle colonne dell'Assalto
diretto da M. Manni. Ottenuto il congedo ad Antignano nel 1919 il L. tornò a
dipingere; la prima esperienza rilevante fu la collaborazione con Il Centone,
in cui il L. diede il proprio contributo nell'impaginazione e nella correzione
delle bozze e nel numero dedicato a C. Pavolini del 1919 in cui pubblicò alcune
xilografie.
Nello stesso anno partecipò alla grande Esposizione nazionale futurista
organizzata da Marinetti presso la Galleria centrale d'arte di palazzo Cova a
Milano, la prima di una lunga serie di mostre organizzate dal gruppo in cui anche
dopo la sua morte le sue opere furono sempre presenti.
Il 15 nov. 1922 si tenne la prima mostra personale del L. nei locali
della libreria Gonnelli di via Ricasoli a Firenze.
In tale sede furono presentati 42 dipinti e 47 tra disegni e appunti
acquerellati, suscitando un generale consenso di critica e pubblico. Per
l'evento Soffici scrisse la prefazione al catalogo lodando le capacità
poetiche, costruttive e tecniche del pittore.
Tra il 1926 e il 1933 collaborò con il bisettimanale fiorentino Il
Selvaggio, uno dei principali strumenti di diffusione delle idee pittoriche
più avanzate del tempo.
M. Maccari, direttore della rivista dal 1924 al 1943, commissionò
disegni, acqueforti e xilografie a giovani artisti di talento come Rosai, G.
Morandi, Carrà e R. Guttuso, allo scopo di mostrare i risultati formali e le
possibilità tecniche cui era giunta la pratica dell'incisione fino ad allora
trascurata in favore della pittura. Il L., con le sue opere affidate alla pura
linea di contorno, fu tra i talenti più apprezzati e più vicini al lirismo
ricercato dal periodico. Per il foglio di M. Maccari il L. collaborò anche come
scrittore, firmando articoli in cui con facilità d'espressione e chiarezza
discorsiva esaltò la pittura di Soffici, G. De Chirico, Carrà e Morandi, che
sentì profondamente vicina a sé, mentre bersaglio polemico costante fu la
critica ufficiale del tempo (A. L.…, 1977, pp. 38-41).
Fra le prove migliori del L. di questi anni si ricordano Sull'Arno (olio
su tela, 1928; Milano, Museo del Castello Sforzesco), Il botro (olio su
tela, 1930; Roma, Galleria nazionale d'arte moderna) e Vecchie mura (olio
su tela, 1932; Firenze, Galleria d'arte moderna).
Per due volte, nel 1926 e nel 1929, il L. espose i suoi lavori al
palazzo della Permanente di Milano con il gruppo Novecento; a partire dal 1926
il L. aveva aderito infatti alle iniziative promosse dal gruppo, costituitosi a
Milano nel 1922 intorno a personalità d'eccezione quali M. Sironi, A. Funi ed
E. Malerba.
Nelle linee guida di questo movimento il L. ritrovò le caratteristiche
salienti della sua pittura: la sobrietà, l'amore per i volumi squadrati, la
semplificazione formale. Da tale indirizzo stilistico non si allontanò più,
dedicandosi negli ultimi sei anni della sua vita alla pittura di paesaggi sempre
più aridi, desolati e geometrici. Tra le opere di questo periodo ricordiamo L'Arno
a Varlungo (olio su tela, 1932; Torino, collezione privata; A. L.…,
1987, fig. 40), Antiche mura (olio su tela, 1932; Firenze, Galleria
d'arte moderna di Palazzo Pitti) e Case solitarie (olio su tela, 1933;
Firenze, collezione privata, A. L.…, 1987, fig. 43).
Le sue opere furono presenti alla Biennale di Venezia dal 1928 al 1934;
inoltre nel 1931 fu tra i partecipanti della I Quadriennale d'arte nazionale
tenutasi al Palazzo delle Esposizioni di Roma.
Nel 1932 ottenne la medaglia e il diploma dal ministero dell'Educazione
nazionale all'Esposizione nazionale dell'incisione a Firenze e il premio Rimini
alla I Esposizione d'arte romagnola di Rimini; nello stesso anno la R. Accademia
d'Italia gli assegnò un premio quale riconoscimento dei suoi meriti artistici.
Morì a Firenze il 28 genn. 1934 è sepolto a San Cassiano di Brisighella
nella tomba di famiglia.
Nel giugno del 1934 si tenne la prima mostra postuma, organizzata nelle
sale dell'Istituto di belle arti di Firenze e numerose altre mostre rievocative
furono allestite negli anni successivi (per un elenco cfr. i contributi di
Bartolini e De Rosa). Dal 1965 il paese natale ha dedicato al L. il premio
Brisighella del "Trebbo di pittura contemporanea" che si svolge
annualmente e, nel 1972, ha posto nella casa natale del L. una lapide che
riporta un brano di G. Papini, scritto in occasione del trigesimo della morte.
Fonti e Bibl.: Necr. in Firenze, III (1934), 2, pp. 53-55; Corriere
adriatico (Ancona), 10 marzo 1934; A. Maraini, A. L. pittore, Faenza
1937; C.E. Oppo, Forme e colori nel mondo, Lanciano 1938; A. L.
1899-1934, saggio introd. di R. De Grada, Faenza 1977; R. De Grada, in I
pittori del Novecento in Toscana, Firenze 1979, pp. 173-177; A. L.
L'opera incisa e iconografica, a cura di P. Conti, Reggio Emilia 1980; A.
L. maestro del Novecento, saggio introd. di S. Bartolini, Firenze 1987; L.
Bernini, in La pittura in Italia. Il Novecento/1 1900-1945, II, Milano
1992, p. 932; La Toscana e il Novecento, a cura di F. Cagianelli - R.
Campana, Crespina 2001, pp. 14-18; A. L. (catal., Società di S. Giovanni
Battista), a cura di S. De Rosa, Firenze 2003; L. Servolini, Dizionario
illustrato degli incisori italiani…, p. 432; Dizionario enciclopedico
Bolaffi dei pittori e degli incisori italiani…, VI, pp. 381 s.
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