Renzi è tornato ed è il peggior
Renzi di sempre. Pericoloso per la democrazia, capace di truccare se stesso
lanciando proposte di centro per occupare da solo il potere. Calunniatore del
berlusconismo. Scippatore di un potere sulla sinistra su cui adesso getta
irrisione. Il piano del Fiorentino ha due limiti: l'autunno nero, e la nostra
alternativa. L'unica chance per il Paese è l'unità del centrodestra. Aprire
subito il cantiere delle idee e dei programmi, e con esso il tavolo delle
regole e delle candidature. Non c'è tempo da perdere
Ieri Renzi è riapparso, dopo il
nascondimento d'agosto, più uguale a se stesso di sempre. Un Renzi
al diapason di se stesso, sovraccarico del suo ego. Un ego pericoloso. Una
volta decodificato, si rivela essere una sequenza di imbrogli e bluff. Come
scrive Maurizio Belpietro, la sua narrazione è una “storyballing” da pifferaio
tragico. Il fatto è che se riesce nel suo sortilegio, il gioco democratico
è finito. Addio speranza di libertà e prosperità. La giornata di ieri è
stata per Renzi una scelta cosciente di eccessi. E' la classica tecnica di chi
è in difficoltà. Impegni, affermazioni, attacchi, irrisioni,
semplificazioni, retorica, tutto all'estremo. L'idea di fondo comunicata è: in
Italia ci sono solo io, chi non è con me è fuori dal consesso civile, è o un
idiota o un barbaro disumano. Chi si oppone è destinato alla non esistenza.
Opporsi a che cosa? Ai contenuti è impossibile opporsi: non ce ne sono, la sua
è una sequenza di generiche farloccate. Ecco: il centro di tutto è la sua
persona, l'enorme pallone gonfiato che ieri è rotolato da Rimini, a Pesaro,
all'Aquila.
La sua affermazione ideologica
più chiara è stata questa: negli ultimi vent'anni il Paese è stato bloccato da
berlusconismo e antiberlusconismo. Ora ci sono io, il Fiorentino, e ricomincia
la storia dell'Italia. O così, oppure è ancora così. La sua ricostruzione dei vent'anni è un falso
storico patente. Questi vent'anni, chiariamolo subito, hanno visto dieci
anni a guida berlusconiana e dieci in mano alla sinistra. Il berlusconismo non
ha affatto bloccato l'Italia, è stato una sequenza di riforme tentate,
realizzate e poi sistematicamente distrutte dai governi di sinistra successivi
ad esso. La sinistra ha fatto poche
riforme, divise in due categorie, quelle cattive e quelle pessime: noi mai
abbiamo cercato di azzerarle ma di migliorarle, mai giocando al tanto peggio
tanto meglio. Questi vent'anni sono stati determinati dal fare i conti con
l'euro, con Schengen, altro che “pausa” (tra l'altro: il solito
linguaggio da videogioco con Orfini, che pena). Abbiamo fatto 40 riforme. Ne
segnaliamo alcune: la riforma costituzionale! Quella avrebbe consentito
già ora di godere di istituzioni modernizzate e capaci di decisioni rapide in
un contesto di democrazia con poteri e contropoteri. Invece ci è stata azzerata
con una campagna di falsificazione con tutte le trombe di giornaloni e
televisioni schierati contro, con in testa Oscar Luigi Scalfaro.
L'antiberlusconismo ha sistematicamente cercato di distruggere il lavoro straordinario
dei governi di centrodestra. Come è stato nel campo delle pensioni, con lo
scalone di Maroni: demolito, con il risultato di finire nell'inferno
della Fornero. Così la riforma della Pubblica Amministrazione di Brunetta,
contro cui l'antiberlusconismo ha scagliato sindacati, piazza e giornali; quella
della scuola firmata Gelmini, e abbiamo visto cos'ha combinato
Renzi... Non accettiamo la “damnatio memoriae” di un lavoro eccezionale,
condotto contro avversari sleali e aggrappati ai poteri forti.
Ancora. Ha contestato chi si
oppone alla politica di buonismo ottuso del governo sull'immigrazione come
“provincialismo della paura”, assenza di umanità. Non ha indicato una sola
alternativa sostenibile all'invasione, salvo la giaculatoria europea. Insomma:
respinge ogni dialogo sul punto, dopo aver accettato e persino istituito – su
proposta di Forza Italia votata dalla Camera – il tavolo della coesione
nazionale sulle emergenze internazionali ed in primis quella dell'immigrazione.
Invita gufi e barbari al tavolo? Questo modo di trattare da presidente del
Consiglio le forze parlamentari è osceno. Inaccettabile.
Ri-ancora. Deridere la
maggioranza dei senatori – 176 su 320 – che sono a favore della elezione
diretta del Senato, come una masnada di analfabeti della democrazia, al punto
da confonderla – la maggioranza – con i Telegatti, è una irrisione indegna di
qualunque leader di un Paese democratico. Al meeting ha certo riscosso
l'applauso pragmatico e un po' cinico dei convenuti, anche per una ragione
molto semplice: ha promesso un mondo di tasse più basse per tutti, la pace
nel Mediterraneo, una adesione all'alleanza atlantica che però sia dialogante
con la Russia, eccetera. Roba perfetta. Ma che roba è? Chiaro come il sole.
Il futuro che disegna è basato su linee ideali che non c'entrano un tubo con la
sinistra. E' uno spostamento al centro. C'è un problema però: il centro è
Renzi e solo Renzi. E su che forze conta?
In
Parlamento non ne ha, i sondaggi dicono che nel Paese cala a vista d'occhio. Ha
i poteri forti internazionali a favore finchè obbedisce ed esegue gli ordini. E
ha il suo piffero che cerca motivi ammalianti per catturale folle e plauso dove
finora non ha pescato nemmeno un pesciolino. Infatti lui sta dov'è perché ha
pescato i pesci rossi alle primarie del Pd, e la sua maggioranza di
parlamentari è stata scelta da Bersani... Con tutt'altro programma. Ora
invece dice il contrario del programma per cui il Pd è maggioranza (abusiva)
alla Camera. Abbassare le tasse per tutti. Togliere per tutti l'Imu e la Tasi,
tagliare le aliquote Irpef: questo è esattamente berlusconismo allo stato puro.
Ovvio: è una “storyballing”. Non ha
possibilità di realizzare questo programma con questa forza parlamentare alle
spalle, che se ne va. I numeri forniti dai transfughi di centrodestra non
bastano. Non sa spiegare dove prende le risorse, dove attinge voti per qualcosa
di assurdo. Punta a spezzare il Pd? E poi dove va? L'autunno nero non gli
consentirà di ballare il suo valzer. Le riforme che elenca come fatte o
quasi fatte, e quelle che pretende di imporre, sono di due tipi:
1. Opportunistiche, come
quelle degli ottanta euro, come il Jobs Act, come quella della P.A.: non
risolvono nulla, ma servono a stendere vernice colorata su una carcassa;
2. Oppure autoritarie,
come quella costituzionale in combinato disposto con il “suo” Italicum.
Resta un fatto. Renzi alla fine
ha dimostrato ieri di essere quello delle origini. E' tornato all'atto della
sua nascita pubblica: un rottamatore di tutto e di tutti, cinico e senza scrupoli.
Usa argomenti di destra, ma senza crederci, solo per
guadagnare spazi per una occupazione del potere che non tollera alleati di pari
dignità, ma solo dhimmi, marrani, lacchè.
Il Partito democratico si sta
rendendo conto di chi ha scelto per guidarlo oppure no? Noi ce ne
siamo resi conto in fretta e adesso lo ridiciamo con piena consapevolezza. Non
è il genio che conquista la sinistra per portarla a destra, come in fondo fece
la Thatcher per interposto Blair. Ma è un pifferaio imbroglione, porta il
popolo nel burrone. Bisogna eliminare il sortilegio. Decodificare il
trucco. Lottare contro di lui in Parlamento (che è il primo compito di un
gruppo parlamentare) dove ha finora consegnato la proposta di ciofeche
imbevibili, e dovunque.
Rivelando anche le meschinità dei
suoi trombettieri giornalistici (carta stampata e televisioni) che ieri hanno
oscurato i fischi e le manifestazioni di protesta all'Aquila, per non
deturpare le immagini riminesi e pesaresi (Rondolino vergogna). Non c'è
tempo da perdere. L'urgenza dei problemi associata alla tracotanza di Renzi
hanno come solo contravveleno l'unità operosa del centrodestra. Va aperto
immediatamente il cantiere dei programmi e delle idee. E all'interno di
questo cantiere, per dare subito sbocco pratico di nomi, liste, buone prassi, il
tavolo delle regole e delle candidature. Intanto per le amministrative, ma
stando pronti anche per la partita grossa. Che pare ormai all'orizzonte.
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