DI FRANCESCO FORTE
In questo caso la protesta sarà diretta contro il governo nazionale per la manovra di finanza pubblica. Il 18 giugno ci sarà lo sciopero del personale dei bagagli della Sea, la società degli aeroporti milanesi che durerà 24 ore e riguarderà sia Linate che Malpensa. Nello stesso giorno avrà luogo lo sciopero del personale di assistenza di volo dell’Enav di 4 ore, dalle 12 alle 16. Ovviamente si tratta delle ore centrali della giornata, quelle di traffico più intenso, con paralisi e ritardi per i voli delle ore successive. Come se non bastasse, il 18 giugno dovrebbero scioperare per 24 ore anche i piloti di Alitalia ed AirOne. Il 24 giugno, invece, dalle 21 alle 21 del 25 ci sarà lo sciopero delle Ferrovie. Infine, dopo questi tormenti, ci sarebbe lo sciopero generale articolato e differenziato sul territorio di 4 ore indetto dalla Cgil contro la manovra di finanza pubblica, definita iniqua e sbagliata. Per ora è sospeso lo sciopero dei magistrati contro il taglio delle loro retribuzioni, in attesa di accertarne la portata e le modalità, ma esso potrebbe essere effettuato se il taglio sarà quello preannunciato.
Lo sciopero, nella sua origine storica e nella sua funzione, riguardava i rapporti fra lavoratori e imprese. Ma poi, particolarmente con la cultura comunista, per cui il sindacato è la cinghia di trasmissione del partito, lo sciopero è venuto degenerando, e ha assunto la natura anomala di una protesta contro il governo e contro il Parlamento. E per renderlo più efficace i leader dei sindacati di cultura comunista e post comunista, imitati dagli autonomi, hanno pensato di recare danno non tanto alle imprese di economia di mercato, quanto a quelle dei servizi pubblici e ai cittadini che ne fruiscono. Ed è perciò che il menù, come si è visto, prevede per giugno una raffica di scioperi, in cui campeggiano quelli dei trasporti e quelli dei servizi pubblici dello Stato, delle Regioni, delle Province e dei Comuni e forse delle Asl, con lo sciopero generale della Cgil come atto finale.
Lo sciopero generale contro una legge è un atto politico. La Cgil ne indice due, uno di tutti i dipendenti pubblici (oltre 4 milioni di lavoratori: ma resta da vedere quanti sciopereranno) e uno di tutti gli addetti delle imprese, dei lavoratori autonomi e (di nuovo) delle pubbliche amministrazioni. Gli scioperi contro le manovre rivolte a mettere in sicurezza i conti pubblici, al fine di garantire la solvibilità del debito pubblico, hanno un effetto nocivo per la credibilità di tali manovre, perché gli operatori dei mercati finanziari e le agenzie di valutazione dei debiti dei governi sono portati a pensare che le misure stabilite nei decreti e nei disegni di legge potrebbero incagliarsi di fronte alle proteste di massa. Inoltre, si può pensare che il governo, in seguito, non si senta in grado di fare altre manovre, qualora si rendano necessarie. Gli scioperi in Grecia e in Spagna, successivi alla approvazione delle recenti misure di risanamento finanziario, hanno causato il degrado dei rispettivi debiti pubblici, riducendo l’efficacia di tali politiche, a parità di sacrifici che generano. Questi scioperi, dunque, costituiscono un autentico autolesionismo. Ciò senza contare l’assurdità di uno sciopero generale contro un decreto che stabilisce misure incisive contro l’evasione dell’Iva e tagli agli alti stipendi come se ciò fosse contro l’interesse delle masse lavoratrici.
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