venerdì 25 novembre 2016

REFERENDUM COSTITUZIONALE, SCENDONO DAVVERO I COSTI DELLA POLITICA SE PASSA LA RIFORMA?



Uno degli argomenti nel dibattito sul referendum è il risparmio di costi della politica che ne conseguirebbe. Stimiamo un risparmio massimo per il contribuente di 140 milioni due anni dopo l’entrata in vigore della riforma e di 160 milioni a regime. Una stima, ovviamente, con margini di incertezza.
di Roberto Perotti (www.lavoce.info) - Circolano le stime più svariate sui risparmi che si otterrebbero se passasse la riforma costituzionale. In questo lavoro stimo un risparmio per il contribuente di 140 milioni due anni dopo l’entrata in vigore della riforma costituzionale, e di 160 milioni a regime. La Tabella 1 sintetizza le fonti di questi risparmi. Come sempre, queste stime sono soggette ad un ampio margine di incertezza. In particolare, la stima di alcuni di questi risparmi si basa su una interpretazione favorevole di alcuni passaggi ambigui nel testo della riforma. Sotto una interpretazione più restrittiva, i risparmi si ridurrebbero a circa 110 milioni dopo due anni e 130 milioni a regime.

Tabella 1: Sommario dei risparmi dalla riforma costituzionale
Il seguito di questa nota  mostra i dettagli di queste stime. Per comprenderle, è  importante tenere presente che cercherò di ricostruire  il  risparmio per i  contribuenti dalla attuazione della riforma.
La “decostituzionalizzazione” delle province: Come è noto, la riforma costituzionale rimuove le province dalla lista di enti costituzionali. In molti includono i risparmi dall’abolizione delle province nel calcolo dei risparmi dalla riforma costituzionale. Questo approccio non è corretto. Il motivo è semplice: gran parte delle funzioni delle province sono già state riallocate a comuni, città metropolitane, e regioni con una legge ordinaria del 2014 (la legge “Delrio”); i dipendenti pubblici non più necessari verranno gradualmente riassorbiti da altri enti pubblici; la stessa legge ha  eliminato gli emolumenti ai consiglieri provinciali. Dunque i risparmi della riforma delle province si sono già manifestati, e rimarrebbero anche se passasse il no al referendum: sono indipendenti dalla riforma costituzional


1. Il Senato: Cominciamo dal Senato. La Tabella 2 mostra il costo attuale per il contribuente  e i  risparmi stimabili. La riforma prevede che i membri del Senato scendano (inclusi i senatori a vita) da 320 a 100, una riduzione del 69 percento. Secondo il nuovo articolo 69  inoltre “I membri della Camera dei deputati ricevono una indennità stabilita dalla legge”. Dunque l’articolo abolisce certamente le indennità (prime due righe della Tabella 2).
Non è chiaro se il nuovo articolo 69 abolisca anche i rimborsi spese. Per   sicurezza, ipotizzo che anche tutti i rimborsi spese attuali vengano aboliti (righe dalla 3 alla 7).
Nel lungo periodo, il personale del Senato diminuirà, non però in proporzione alla riduzione dei senatori del 69 percento. Per far funzionare una istituzione come il Senato vi sono molti costi fissi: per esempio, il numero degli usceri o degli elettricisti  è quasi indipendente dal numero dei senatori. A regime è quindi ragionevole ipotizzare che il personale si riduca del 30 percento. Il risparmio per il contribuente sul monte salari sarà di 33 milioni (righe 8, 9 e 10). Ovviamente non tutta la riduzione del personale avverrà immediatamente: poiché non sono previsti licenziamenti,  il personale si ridurrà solo per attrito. Ipotizzando che in media ogni anno vada in pensione il 3 percento del personale, due anni dopo l’entrata in vigore della riforma il personale si sarà ridotto del 6 percento, per un risparmio di 7 milioni.
Anche nelle altre spese di funzionamento del Senato vi sono numerosi costi fissi. A seconda della voce, ipotizzo quindi una riduzione dal 50 allo 0 percento.
Ci sono poi alcune spese che aumenteranno. La riforma, inspiegabilmente, ha attribuito  al Senato il nuovo compito di valutare le politiche economiche e territoriali del governo. In altre parole, il Senato si dovrà trasformare in un centro studi, tipo SVIMEZ. Inoltre, come è stato giustamente affermato, i senatori potranno lavorare solo alcuni giorni al mese; gli altri giorni, il lavoro di supporto dovrà essere assegnato alla loro segreteria, i cui ranghi dovranno venire corrispondentemente rimpolpati. Infine, i senatori che giungono da tutta Italia avranno sicuramente diritto almeno a un rimborso spese.
Sommando tutti questi risparmi e aumenti di spesa, stimo un risparmio per il contribuente di 107 milioni nel 2020 (due anni dopo l’inaugurazione del  primo Senato con le nuove regole) e di  131 milioni  a regime, diciamo nel 2030.
2. Il CNEL
Il nuovo articolo 99 della Costituzione elimina il CNEL. Per calcolare i risparmi da questo articolo, bisogna tenere presente che il CNEL è di fatto già stato chiuso con legge ordinaria. Per esempio, nel bilancio di previsione per il 2016 il compenso per gli organi istituzionali era già uguale a 0. Nella sua  nota dell’ottobre 2014, la Ragioneria stimava un risparmio dalla riforma costituzionale di 8,7 milioni (essenzialmente, il totale delle spese rimanenti del CNEL dopo la sua chiusura “di fatto”, al netto degli accantonamenti, che sono spese una tantum).
Il risparmio effettivo sarà però solo di 3 milioni (vd. Tabella 3).  Il motivo principale è che la riforma ha disposto  che tutto il personale del CNEL venga assunto dalla Corte dei Conti, quindi non vi sarà alcun risparmio su quel fronte.
3. La riduzione dei compensi dei consiglieri regionali
Secondo il nuovo articolo 122 una legge della Repubblica stabilirà gli emolumenti dei consiglieri regionali, “nel limite dell’importo di quelli attribuiti ai sindaci dei Comuni capoluogo di Regione.”
La Tabella 4 mostra i compensi attuali dei sindaci dei capoluogo regionali, e dei consiglieri regionali. Come spesso accade,  c’è un elemento di ambiguità: non è chiaro se il termine “emolumento” dei consiglieri regionali si intende solo l’indennità di carica o anche  il rimborso spese per l’esercizio del mandato.  Anche in questo caso, per sicurezza assumo l’ipotesi più favorevole alla riforma, la seconda, che comporta un  risparmio di spesa per il contribuente di 17 milioni (la  prima comporterebbe un  aggravio di spesa di  7 milioni).
4. L’abolizione dei contributi ai gruppi consiliari regionali
La riforma (Disposizioni finali, comma 2) abolisce i contributi  ai gruppi consiliari regionali, che in questo momento valgono circa 15 milioni. È difficile pensare che essi non vengano sostituiti in parte da qualche voce alternativa, che consenta ai gruppi politici di funzionare. Un risparmio di 10 milioni appare realistico.

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