Il riordino e la Riforma del Primo e Secondo Ciclo di Studi da parte del Governo Berlusconi si interseca con due fenomeni che si sono succeduti negli ultimi due anni: la crisi economica mondiale iniziata nell'autunno 2008 e la crisi dovuta alla svalutazione dell'Euro degli ultimi due mesi. Inoltre, nello specifico in Italia, la crisi del sistema scolastico che ha fatto, negli anni, perdere di qualità alle scuole di ogni ordine e grado (escluse le Scuole dell'Infanzia) rispetto alle di pari grado a livello europeo e mondiali (dati OCSE e PISA). La politica economico/finanziaria deriva da un'eccessivo indebitamento pubblico dei paesi europei che non può più essere sostenuto con conseguente necessità di tagliare le spese pubbliche superflue, cosa che a livello europeo tutti i principali paesi stanno attuando. Se non ci si fa una ragione su questo, è inutile tentare anche solo di ragionare sul futuro dell'Europa. In Italia il Governo ha fatto fronte alla prima crisi con sostanziosi interventi a sostegno delle famiglie, dei lavoratori, del loro reddito e dei loro risparmi, a sostegno delle aziende, riconosciuti da tutti come esempio. Alla crisi della svalutazione dell'Euro, sta facendo fronte con la riduzione delle spese superflue presenti in ogni ganglo della Pubblica Amministrazione, scuola compresa e soprattutto nella scuola. Lo Stato è stato utilizzato per anni (dal 1980 al 1992)
come un bancomat pubblico al quale attingere per ogni spesa nazionale e locale, per sistemare gli amici degli amici, creando così un "poltronificio" a danno dei contribuenti, a livello locale che nazionale. La scuola ha utilizzato il bilancio del Ministero della Pubblica Istruzione per questi motivi. A fronte di realtà virtuose, si è creato un sistema per il quale per ogni necessità doveva corrispondere un'erogazione da parte dello Stato: si pensi alle supplenze brevi, alle pulizie nelle scuole, al susseguirsi della creazione di progetti inutili che hanno spostato l'attenzione dell'insegnamento dai saperi di base, alla dispersione in mille rivoli inutili, per giustificare la presenza sempre crescente di precari che venivano sfornati ogni anno dalle SISS e inseriti in graduatorie senza fine e senza sbocco. Il Governo Berlusconi ha saputo dire basta. Ha attuato e sta attuando un piano di razionalizzazione delle risorse economiche ed umane che porterà ad avere il numero necessario di insegnanti per studente, che porterà già dal prossimo anno a soddisfare tutte le richieste di tempo pieno delle famiglie in tutte le regioni (già quest'anno sono state concesse, grazie ai risparmi con l'abolizione del modulo, 3000 classi in più a livello nazionale), che porterà a regime ad avere gli ATA necessari al sistema scolastico e non gli esuberi attuali creati per dare posti di lavoro per puro scopo di tornaconto sindacale e di conseguenza di voti. E nonostante il numero di ATA sia maggiorato, le scuole hanno bisogno di dare in appalto a Cooperative esterne i lavori di pulizia. L'altro livello su cui si deve intervenire sono i bilanci degli Istituti Comprensivi: a fronte di spese superflue devono sapere eliminarle e fare economia: le spese per le supplenze, si può sostituire un insegnate per qualche giorno con l'organico in dotazione. Le spese per le pulizie: 1,3 miliardi di euro (per l'anno 2009) che possono essere risparmiati facendo pulire i bidelli. Le centinaia di progetti che sviano da quello che la scuola deve insegnare e che ha perso per strada: scrivere, leggere e far di conto. Il risultato: concorso per Magistrati, tutti bocciati per errori di grammatica. Da qualche parte sarà iniziato il danno. I numeri sulla razionalizzazione tutti li conosciamo e sono stati studiati secondo le necessità reali del sistema: spendere meglio i soldi pubblici secondo le reali necessità. E' un compito di tutti, a tutti i livelli istituzionali politici e scolastici. La favola del giorno è che in Germania il Cancelliere Merkel e il Governo non tagliano nella scuola: la scuola tedesca non ha bisogno di tagli perché alla base c'è la valorizzazione delle eccellenze, la sapienza nello spendere il danaro affidatogli. E' per questi motivi che chi vuole collaborare perché la scuola migliori deve lasciare da parte gli interessi che nulla hanno a che vedere con il bene della scuola e iniziare ognuno a fare il proprio dovere ancora di più che come è stato fatto fin'ora. Ne va il bene della nostra società, della Nazione e dei nostri figli.
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