In questa caldo inizio di Luglio, nella bocciofila del Pd si susseguono i deliri di una classe dirigente sconfitta dagli elettori che cerca di resistere abbarbicata ai suoi antichi rituali e alle consuete litanie. Comincia il segretario Pierluigi Bersani: “Non si può lasciare il Paese in questa situazione. Se la maggioranza non ce la fa, se non ce la fanno, bisogna pensare a qualche altra ipotesi”. Lo segue a ruota il vicesegretario Enrico Letta: “La maggioranza non c'è. Ora la parola al capo dello Stato”. Prova a buttare l’esca sulle intercettazioni Dario Franceschini: “Potremo votare a favore di quegli emendamenti presentati dai deputati finiani che tendono a migliore il testo”. Davvero straordinari! Tre sconfitti dagli elettori che si propongono come guida del ribaltone di palazzo. Tutti ricordiamo come questi tre siano stati cacciati dal governo del Paese non da inciuci di palazzo ma da un chiaro ed esplicito risultato elettorale, confermato, oltre che a livello nazionale, anche a livello locale, dove il PD ha perso tutte (tutte!) le elezioni in questi due anni, perfino del paese natale di Bersani, Bettola (titolava in quei giorni il Corriere della Sera: “Tre voti su quattro, 75 per cento. Il centrodestra ha stracciato l’Unione nel paese natale del ministro Pier Luigi Bersani: Bettola, nel piacentino”). Così come tutti ricordiamo il grande lavoro di Enrico Letta per creare (non per eliminare) le tre nuove provincie di Monza e Brianza, Fermo, Barletta-Andria-Trani. Si, perché fu lui a garantire i fondi nel decreto Milleproroghe approvato all’inizio del 2007 dal Governo Prodi, di cui era sottosegretario di Stato, per queste tre nuove provincie.
E tutti non possiamo dimenticare la straordinaria campagna elettorale di Franceschini, che ha portato il Partito Democratico ai minimi storici, e poi ha portato i suoi colleghi a cacciarlo con infamia dalla guida del partito dopo soli pochi mesi di segretariato. E adesso, cercando di fare dimenticare la lunga sequenza di errori politici che ha caratterizzato il loro declino elettorale, si propongono come alternativa a una maggioranza solida nei numeri voluta dagli italiani, con un consenso nei cittadini come pochi altri governi in carica hanno e con una azione di governo che tutto il mondo giudica efficace e da prendere ad esempio. Per rendersene conto basta leggere il Financial Times degli ultimi mesi, dove si dice che “i tagli vanno bene” e che “il Paese è uscito relativamente incolume dalla crisi finanziaria globale e la sua posizione fiscale non è così fragile come sembra anche in parte per la buona gestione del debito pubblico.” E dove si da ragione a Berlusconi anche per quanto riguarda i magistrati, come dice Christopher Caldweill nel suo articolo “L'Italia fa bene a frenare i magistrati" dove prima si chiede se "le accuse contro Berlusconi derivano da una ricerca disinteressata della giustizia o dal desiderio di una parte dell'elite italiana di rovesciare una scelta popolare che non gradiscono?” Ma vogliamo parlare delle loro strampalate proposte di Governo? Altro che Grecia: fa ancora venire i brividi la proposta, applaudita dal Partito Democratico, fatta da Epifani per uscire dalla crisi lo scorso maggio al XVI congresso della Cgil a Rimini: assumiamo in tre anni 400.000 nuovi dipendenti nella Pubblica Amministrazione! E la grande kermesse del Palalottomatica di metà giugno? Avevano promesso una “contro manovra” attentamente studiata dalla Consulta economica del partito, ma alla fine hanno fatto vedere solo Corrado Guzzanti che imita il ministro dell’Economia. Il tutto condito da fischi e commenti della platea contro Berlusconi. Le proposte? Eccole: “Cerchiamo di avere più fiducia nelle nostre forze, siamo un bel partito”, dice Bersani alla platea, “dobbiamo solo essere più forti delle nostre debolezze perché la gente ha bisogno di noi”. Il Pd “deve raggiungere i cittadini, portare le proprie idee”, perché “saremo di fronte a dei mesi difficili”. Ma dai! Per fortuna, c’è un programma: “Dobbiamo prenderci un impegno, ovunque operiamo: ci rimanesse un solo euro, ci rimanesse il fiato per una sola iniziativa, dobbiamo andare dai più deboli e dai più esposti”. dirgli che cosa, però non lo dice. Oltre il senso del ridicolo.
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