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Pochi frati, chiude
l'eremo di S. Antonio, gente in piazza: «Non andate via» Nelle colline forlivesi e faentine confinante
con Brisighella dalla strada di S. Lucia,
oltre un secolo di pellegrinaggi da mezza Italia .
Quinto Cappelli
– Resto del Carlino - DOVADOLA
(Forlì-Cesena) MONTEPAOLO, il più
importante santuario dedicato a S. Antonio in Emilia Romagna, rischia la
chiusura. I tre fiati minori francescani che lo abitano se ne andranno il 30 settembre
e non saranno rimpiazzati. «Mancano le vocazioni e dobbiamo provvedere ad altri
luoghi e conventi che hanno un futuro davanti», è la risposta ufficiale che ha
dato al vescovo di Forlì-Bertinoro Pizzi, il responsabile della Provincia Francescana
di S. Antonio da Padova (che comprende il Nord Italia, con sede a Milano), padre
Mario Favretto. l TRE FRATI che abbandoneranno l'eremo - i padri Maurizio
Piazza, guardiano o superiore, Giuseppe Amante e Bonaventura Pini -, erano qui
da soli due anni, ma i confratelli del loro ordine sono vissuti qui stabilmente
dal 1898. Anzi, questo cremo è famoso perché sulle colline romagnole fra
Castrocaro Terme, Brisighella e
Dovadola (il santuario si trova
in quest'ultimo comune) dimorò in preghiera, studio e meditazione S. Antonio da
Padova per oltre dieci mesi, fra il 1221 e 1222. La Grotta di S. Antonio, dove
la tradizione vuole che il santo si recasse a pregare, e sempre stata meta
ininterrotta nei secoli di pellegrini. Il nuovo santuario fu consacrato nel
1913; nel '32 si completata la costruzione del campanile annesso alla chiesa
neogoria, grazie anche all'intervento di Benito Mussolini, che visitava spesso
l'eremo, dove viveva l'amico padre Teofilo Mengoni di Soci (forse il celebrante
delle nozze religiose di Benito e Donna Rachele), e il cui ritratto occhieggia
da un tondo all'interno della chiesa . Quando nel secondo dopoguerra si favoleggiava
della scomparsa della salma del Duce (portata poi nel cimitero di Predappio nel
1957), molti giornali sostennero che era stata nascosta proprio a Montepaolo.
QUESTA la storia. Guardando invece alle prospettive di oggi, padre Giuseppe
Amante confida: «Dispiace anche a noi lasciare Montepaolo e San Francesco di
Forlì, ma siamo frati col voto dell'obbedienza e quindi siamo a disposizione
dei superiori, anche se resa una scelta sofferta per la nostra comunità, la
diocesi e soprattutto per tanta gente e pellegrini che hanno in Montepaolo un punto
di rifemento spirituale». E aggiunge: «L'eremo di Montepaolo è un santuario
importante per l'intera Romagna e non solo. In questi ultimi anni sono arrivati
singole persone e gruppi di movimenti e parrocchie di ogni età, per corsi spirituali
e di preghiera, dalle Marche. Toscana e Veneto, oltre che dalla nostra
regione». Inoltre, come sottolinea il parroco di Dovadola, don Alfeo Costa,
«Montepaolo è al centro di due percorsi: il Cammino di Assisi, che parte
proprio da Dovadola (430 pellegrini negli ultimi 4 mesi), e il Cammino di S.
Antonio (Padova- Assisi)». ALLA NOTIZIA della partenza dei fati, il territorio
si mobilita con raccolta di firme, incontri e petizioni. I più attivi sono il sindaco
Pd di Dovadola, Gabriele Zelli, che sta organizzando pubblici incontri e
riunioni, e il Gruppo di Preghiera di Montepaolo, composto da 240 iscritti e
presieduto da Luisa Corazza. Anche il vescovo Pizzi è amareggiato e preoccupato
della decisione dei frati minori, però i
proprietari e i responsabili del santuario: «Siamo molto dispiaciuti, perché la
nostra diocesi resa senza la presenza francescana maschile. Speriamo in una ie
potrebbe essere quella di trovare un'altra famiglia religiosa di frati o suore,
come suggerito». SPIEGA Luisa Corazza,
presidente del Gruppo di Preghiera Montepaolo, l'associazione di laici che ha
celebrato recentemente il 40esimo di attività proprio in stretta collaborazione
con i frati: «Stiamo cercando di coinvolgere persone importanti, perché si
prendano a cuore la situazione per trovare una soluzione positiva. Come diceva
Paolo VI, Montepaolo è una clinica spirituale e, come afferma ora papa
Francesco, un ospedale da campi per l'anima». E conclude: «Son o 800 anni che i
pellegrini salgon oall'eremo di S. Antonio e non possiamo abbandonarlo proprio
ora quando la gente ha bisogno di spiritualità più che mai».
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