Se Siena piange per la
gestione del Monte dei Paschi anche Ferrara e Faenza non ridono.
Ferrara ha visto commissariare la sua CARIFE e sta cercando un socio
industriale che ne risollevi le sorti, mentre sulla via Emilia romagnola si sta
consumando un risiko bancario con protagonista la Cassa di Risparmio di Cesena,
che ha avviato, da concludere entro l'anno, la procedura di fusione per
incorporazione con la sua piccola controllata ma ricca Banca di Romagna di
Faenza e Lugo. Perplessità per tale “fusione” le aveva espresse, nei giorni
seguenti la decisione del CdA cesenate del 17 maggio scorso, i Sindaci del PD
di Faenza e Lugo, Malpezzi e Cortesi e il consigliere regionale del PDL
Gianguido Bazzoni, sono intervenuti subito dopo e non l'hanno presa bene.
"Del tutto inaccettabile” hanno affermato, “ogni decisione assunta in
maniera unilaterale e senza un preventivo confronto con le rappresentanze
territoriali istituzionali”. Comunque proprio le “rappresentanze territoriali”
mettono d'accordo per una volta il renziano Malpezzi e il bersaniano Cortesi,
che, tradotto nel “politichese” sono le Fondazioni bancarie di Faenza e Lugo
totalmente prese alla sprovvista dalla decisione cesenate. Prese alla
sprovvista per non conoscenza o per una sottovalutazione della situazione? Ai
più attenti non può sfuggire il ricordo che pochi anni fa a Faenza si era
consumata una vera rivoluzione nei "poteri forti” della città delle
ceramiche. Prima le primarie e poi le elezioni avevano incoronato il giovane
cattolico Malpezzi sindaco contro la volontà dei potenti vertici regionali e
nazionali diessini ma anche con l'avversione di un pezzo importante del
vecchio, ricco mondo cattolico faentino collocato a sinistra, tale strappo si
era consumato anche con un altro importante ribaltone nella Fondazione faentina
di riferimento della Banca di Romagna. A pensare male si fa peccato ma spesso
ci si azzecca e sorge quindi il dubbio che il pezzo importante del vecchio
mondo cattolico faentino e lughese di sinistra, estromesso sia dalla fondazione
faentina che da quella lughese, ma da sempre vicino agli amministratori
cesenati, abbia continuato pazientemente a lavorare per una “fusione” che ha
più il sapore di una vendetta contro i giovani leoni faentini e i soliti detestati comunisti di Lugo.
Come ha insegnato bene la vecchia DC, in queste occasioni occorre
assicurare e tranquillizzare tutti che l’operazione non porterà cambiamenti né
ai clienti né al personale della Banca di Romagna, come recitava una nota del
CdA cesenate del 17 maggio scorso.
Se Faenza però piange, Cesena non ride, perché alla porta della banca
cesenate nei primi mesi del 2013 avrebbe bussato la Banca d'Italia per
un'ispezione, sarà una coincidenza se la fusione ha avuto un'accelerazione
proprio dopo questo notorio evento nonostante che gli accordi di Basilea 3,
presi per rafforzare gradatamente la struttura patrimoniale delle banche, diano
tempo fino al 2019? Perché i Sindaci e i Presidenti delle fondazioni lughese e
faentina lamentano la scarsa informazione, concertazione e dialogo? Che tale
scarsa informazione, confronto, dialogo rivendicato sia legato alla scarsa
comunicazione di ciò che ha ravvisato e documentato la relazione dell'organo di
vigilanza? Viene da domandarsi se la Cassa di Risparmio di Cesena debba trovare
una “gallina dalle uova d'oro” per rimettersi in sesto, ovvero la piccola ma
ricca Banca di Romagna, per riequilibrare i parametri e gli indici di
riferimento. Lughesi e faentini in una tardiva azione di resistenza dovranno
però guardarsi le spalle dagli ”amici” lungo la via Emilia. Raffaella
Ridolfi
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