mercoledì 12 giugno 2013

BANCA DI ROMAGNA DI FAENZA ”GALLINA DALLE UOVA D’ORO” PER CESENA


Se Siena piange per la gestione del Monte dei Paschi anche Ferrara e Faenza non ridono.
Ferrara ha visto commissariare la sua CARIFE e sta cercando un socio industriale che ne risollevi le sorti, mentre sulla via Emilia romagnola si sta consumando un risiko bancario con protagonista la Cassa di Risparmio di Cesena, che ha avviato, da concludere entro l'anno, la procedura di fusione per incorporazione con la sua piccola controllata ma ricca Banca di Romagna di Faenza e Lugo. Perplessità per tale “fusione” le aveva espresse, nei giorni seguenti la decisione del CdA cesenate del 17 maggio scorso, i Sindaci del PD di Faenza e Lugo, Malpezzi e Cortesi e il consigliere regionale del PDL Gianguido Bazzoni, sono intervenuti subito dopo e non l'hanno presa bene. "Del tutto inaccettabile” hanno affermato, “ogni decisione assunta in maniera unilaterale e senza un preventivo confronto con le rappresentanze territoriali istituzionali”. Comunque proprio le “rappresentanze territoriali” mettono d'accordo per una volta il renziano Malpezzi e il bersaniano Cortesi, che, tradotto nel “politichese” sono le Fondazioni bancarie di Faenza e Lugo totalmente prese alla sprovvista dalla decisione cesenate. Prese alla sprovvista per non conoscenza o per una sottovalutazione della situazione? Ai più attenti non può sfuggire il ricordo che pochi anni fa a Faenza si era consumata una vera rivoluzione nei "poteri forti” della città delle ceramiche. Prima le primarie e poi le elezioni avevano incoronato il giovane cattolico Malpezzi sindaco contro la volontà dei potenti vertici regionali e nazionali diessini ma anche con l'avversione di un pezzo importante del vecchio, ricco mondo cattolico faentino collocato a sinistra, tale strappo si era consumato anche con un altro importante ribaltone nella Fondazione faentina di riferimento della Banca di Romagna. A pensare male si fa peccato ma spesso ci si azzecca e sorge quindi il dubbio che il pezzo importante del vecchio mondo cattolico faentino e lughese di sinistra, estromesso sia dalla fondazione faentina che da quella lughese, ma da sempre vicino agli amministratori cesenati, abbia continuato pazientemente a lavorare per una “fusione” che ha più il sapore di una vendetta contro i giovani leoni faentini e i soliti  detestati comunisti di Lugo.
Come ha insegnato bene la vecchia DC, in queste occasioni occorre assicurare e tranquillizzare tutti che l’operazione non porterà cambiamenti né ai clienti né al personale della Banca di Romagna, come recitava una nota del CdA cesenate del 17 maggio scorso.
Se Faenza però piange, Cesena non ride, perché alla porta della banca cesenate nei primi mesi del 2013 avrebbe bussato la Banca d'Italia per un'ispezione, sarà una coincidenza se la fusione ha avuto un'accelerazione proprio dopo questo notorio evento nonostante che gli accordi di Basilea 3, presi per rafforzare gradatamente la struttura patrimoniale delle banche, diano tempo fino al 2019? Perché i Sindaci e i Presidenti delle fondazioni lughese e faentina lamentano la scarsa informazione, concertazione e dialogo? Che tale scarsa informazione, confronto, dialogo rivendicato sia legato alla scarsa comunicazione di ciò che ha ravvisato e documentato la relazione dell'organo di vigilanza? Viene da domandarsi se la Cassa di Risparmio di Cesena debba trovare una “gallina dalle uova d'oro” per rimettersi in sesto, ovvero la piccola ma ricca Banca di Romagna, per riequilibrare i parametri e gli indici di riferimento. Lughesi e faentini in una tardiva azione di resistenza dovranno però guardarsi le spalle dagli ”amici” lungo la via Emilia.  Raffaella Ridolfi


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