SalvatoreTramontano - E anche nel Pd è arrivata l'ora del «che
fai, mi cacci?». La ditta è morta in diretta tv. Questa direzione di partito
non ha messo in scena il dramma dell'articolo 18.
La riforma del lavoro è
solo la scusa di una frattura molto più profonda, qualcosa che da tempo
sedimenta nella pancia di vecchi segretari come D'Alema e Bersani, un'antipatia
viscerale che si legge nelle mani, nello sguardo, nelle pieghe della bocca.
Quei due non sopportano più Renzi e il sentimento è ricambiato. È un punto di
non ritorno, perché la frattura è politica e umana. Non c'è più spazio per mediazioni
e neppure per un minimo di convivenza. Non sono più due anime dello stesso
partito. È evidente che qualcuno è di troppo. Ed è chiaro che quello forte sia
Renzi.
È una storia che la destra
conosce. È successo con Fini e poi con Alfano. Si può cercare di mascherare il
divorzio con divergenze su questo o su quel punto, ma tutti sanno che il Pdl è
imploso perché non c'era più fiducia. È finito per il fattore umano. È quello
che accade quando i soci di un'azienda non riescono più a parlarsi, guardarsi in
faccia, sopportarsi. Non solo non hanno più nulla da dirsi, ma perfino i
silenzi e le mezze parole provocano irritazione. A quel punto ogni motivo è
buono per tirarsi gli stracci e infierire ognuno con il proprio carattere e il
proprio stile.
Quello di D'Alema è acido
e livoroso. È ironia senza leggerezza e ogni parola ha il suono della
cartavetrata. «Matteo dovrebbe affidarsi a meno slogan. Per occuparsi di certi
temi, non occorre sapere le cose. Ma, certo, studiare sarebbe utile». È un
D'Alema che si ispira al fondo di De Bortoli. Chi è Renzi? Uno che parla e
parla, un venditore di fumo, uno che fa (inutile) poesia. Insomma, uno che
racconta frottole, ma che è già stato smascherato dalla parte più consapevole
del Paese.
Lo stile di Bersani è
quello del martire. L'ex segretario sottolinea il suo essere una persona
perbene. È una vittima. «Il Pd non può usare il metodo Boffo». Contro chi?
Contro di lui, naturalmente. «Non è accettabile che chi esprime un'idea venga
privato della dignità». Tutti e due davanti allo schermo sono stanchi, nervosi,
indignati. Sono il volto di un Pd che non si riconosce. È finita. Magari non
ieri, non oggi e neppure domani, ma la scissione del Pd è già in calendario. E
probabilmente si vedrà presto in Senato, dove i numeri per Renzi sono diversi
da quelli della direzione. La legge «politica» del fattore umano non perdona.
La ditta ha un nuovo amministratore delegato e con quei due proprio non si
prende. Non c'è storia. Questa volta neppure l'articolo 18 potrà salvarli.
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