La dignità
dell’uomo, del padre di famiglia e del cittadino si basa, in estrema sintesi,
sul lavoro: chi non trova lavoro o,
peggio, chi lo perde, soprattutto nella sua maturità, perde fiducia in se
stesso, non riesce a mantenere i figli, diventa preda della depressione e può
fare gesti inconsulti o diventare succube di idee estremiste e foriere solo di
nuove disgrazie per la comunità intera. Chi ha responsabilità di governo, anche
a livello locale, deve essere consapevole
di questo fatto, che segna in modo drammatico l’attuale fase di declino economico, sociale e morale della
nostra comunità faentina; da questa consapevolezza devono però derivare progetti e azioni concrete per dare risposte valide ai cittadini, altrimenti
è meglio lasciare il posto a chi ha più capacità. E’ a tutti noto che da circa
10 anni la nostra classe dirigente locale, politica
(PD e relativi “cespugli”) e imprenditoriale
(cooperative, industriali, artigiani e commercianti, agricoltori: nessuno
escluso), passata la bolla immobiliare con il suo strascico di danni ambientali
e finanziari, non ha saputo trovare un
nuovo progetto di sviluppo per Faenza: basta considerare quante fabbriche
hanno chiuso portando via i macchinari e il know how, i danni procurati alle
aziende agricole dai bassi prezzi delle catene distributive della frutta, la
crisi edilizia, ecc.. Abbiamo visto la pluriennale
incapacità di puntare su
nuovi settori economici sui quali
far convergere sforzi imprenditoriali e risorse private e pubbliche per creare
posti di lavoro e reddito. Per questo condivido il grido di dolore di Tura, il
suo richiamo ai cattolici all’orgoglio di essere parte della tradizione dei
“forti e liberi” di sturziana memoria, l’esigenza di rinverdire gli aspetti
migliori dell’intervento sociale dei cristiani, alla luce dei principi
dell’economia sociale di mercato, che tanto ha contribuito alla nostra crescita
economica e sociale. Tura ha solo svelato la drammatica assenza della politica nel suo significato più alto di
servizio alla comunità: ha ragione da vendere e concordo con lui.
Le
risposte dei “cespugli” di ispirazione cristiana, oggi al governo di Faenza con
il PD, sono state miserevoli:
“Insieme per Cambiare” e “La tua Faenza” rivendicano solo il fatto di esserci,
di avere poltrone e di poter condizionare il PD locale, che senza di loro
chissà quali sfracelli potrebbe fare, senza indicare uno straccio di un loro
vero progetto di sviluppo. L’intervento di un noto sacerdote locale evidenzia
ancora di più l’inconsistenza di persone e istituzioni che, in passato, hanno
contribuito a formare generazioni di politici cattolici di ben altro spessore.
Il
segretario del PD locale, Roberto Pasi, ha invece capito che “dopo il voto di
giugno o prendiamo atto dell’urgente
necessità di un cambio di passo che porti sviluppo economico a Faenza o non
avremmo capito quanto ci hanno chiesto i cittadini”, aggiungendo in modo
significativo che “la giunta sta lavorando, ma devono essere i partiti ad affiancare gli amministratori … per
aprire una nuova fase di rilancio …”. Tradotto in parole povere: Malpezzi non combina nulla, per cui come PD
dobbiamo trovare noi le idee che lui non ha, altrimenti alle prossime elezioni
le buschiamo di brutto.
Questa
purtroppo è la realtà: vuoto di idee
da parte dei cattolici “di lotta e
di governo” e del Sindaco Malpezzi, paura
del PD locale di perdere una città importante, ma senza avere (dopo tanti anni di governo !) deciso cosa e come fare
per dare lavoro e reddito ai faentini.
Nel
frattempo tutti noi perdiamo tutto o parte del nostro lavoro, siamo feriti
nella nostra dignità di uomini e di cittadini, paghiamo alte tasse (anche
locali) e non abbiamo servizi e risposte concrete, mentre i nostri giovani
pensano solo a raggiungere i loro coetanei nelle capitali estere.
Oggi più
che mai i faentini devono “essere forti per essere liberi” trovando il coraggio di scrivere un’altra storia, puntando su nuove formazioni politiche
moderate, anche di centro destra, che nel solco dell’economia sociale di
mercato facciano buon uso delle risorse comunali (a cominciare dai € 50 milioni
fermi nelle partecipazioni azionarie) e sappiano indirizzare anche gli
imprenditori locali verso progetti di sviluppo e di lavoro condiviso.
Se i
faentini non troveranno presto questo coraggio, sfiduciando Malpezzi e la sua Giunta e avviando un nuovo ciclo
politico-amministrativo, cosa racconteranno alla banca quando a fine mese
non avranno i soldi per pagare la rata del mutuo della casa o le bollette ?
perché fanno sacrifici per mandare i figli all’università ?
La
carenza/mancanza di lavoro e di reddito danneggia
e sfascia le famiglie e questo un cristiano impegnato in politica non lo
può far passare sotto silenzio: per questo io parlo e continuerò a parlare,
anche se dovessi finire per essere l’unica “voce che chiama nel deserto”.
29/2/2016
Dott. Tiziano Cericola
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