Il debito storico sfiora i 12 miliardi di euro. A rischio anche gli stipendi I PUNTI CRITICI
Altro che piano di rientro: il debito di Roma Capitale non smette di crescere, avendo ormai raggiunto quota 12 miliardi di euro. Dodici. Una cifra gigantesca anche per un Comune importante come la Capitale. «Ma non c’è da preoccuparsi», afferma candidamente Silvia Scozzese davanti alla sbigottita platea della Commissione parlamentare Bilancio. In fondo, c’è solo «il rischio di una crisi di liquidità dal 2020, che potrebbe concretizzarsi anche prima, già da quest’anno». L’ex assessore della Giunta Marino, oggi commissario straordinario per il piano di rientro del debito pregresso di Roma Capitale, si riferisce solo alla cosiddetta «gestione commissariale», ovvero i debiti gestiti dal Governo centrale che il Comune di Roma dovrà restituire entro il 2039, dopo le prese in carico del 2008 e del 2010, e che pesa sul groppone dei romani anche attraverso la crescita esponenziale dell’aliquota Irpef comunale (che vale 200 milioni l’anno). Solo che invece di diminuire, anche questo debito aumenta. Nel 2008, col passaggio di consegne da Walter Veltroni a Gianni Alemanno, infatti, ammontava a 9,5 miliardi, a cui si sono aggiunti 2,5 miliardi "scaricati" dalla giunta di centrodestra nel 2010. Ancora più grave il fatto che in questi 6 anni altro debito si sia accumulato nelle casse di Palazzo Senatorio, debito che verrà in parte sanato attraverso il contributo atteso dal Mef di 880 milioni di euro, versamento che non risolverebbe i problemi di liquidità, dato che «potrebbero emergere nell’anno 2016 pagamenti per debiti non finanziari superiori a 539 milioni». In tutto questo, se è vero che il debito capitolino si perde nella notte dei tempi, è altrettanto incredibile come il Comune di Roma non è in grado di dare un nome a più della metà dei suoi creditori, il 57%. Presenti in Commissione tre dei principali candidati sindaci: Giorgia Meloni per Fratelli d’Italia e Stefano Fassina per Sinistra Italiana, mentre per il Pd c’era Roberto Giachetti.
Tutti e tre si sono un po’ rimpallati le responsabilità, da esponenti delle coalizioni che hanno governato Roma negli ultimi 23 anni. Chissà se si sono pentiti della scelta di candidarsi. O chissà se ha ragione l’altro candidato Carlo Rienzi, presidente Codacons: «L’unica soluzione per Roma è il fallimento. Azzeriamo tutto e ricominciamo».
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