Monti; Rodotà; Zagrebelsky ; Grasso
Alessandro
Sallusti- Il governo ha varato ieri il disegno di legge
per la riforma (di fatto l'abolizione) del Senato che dovrà mettere fine a
sprechi di denaro, perdite di tempo e inefficienze. Una
botta alla casta non da poco. Non mi faccio illusioni sul fatto che vada in
porto. Perché diventi legge servono due passaggi al Senato e due alla Camera
con maggioranze qualificate. Di fatto, salvo miracoli, una missione
impossibile. Eppure oggi è ugualmente un bel giorno. La cosa ci deve mettere di
buon umore e non solo perché qualcuno almeno ci prova. Sentire il premier Renzi
in conferenza stampa rivendicare il patto con Berlusconi (precursore di questa
riforma) e mandare a quel paese i tromboni che da anni infestano e paralizzano
la Repubblica è fatto davvero nuovo e musica per le nostre orecchie. A chi mi
riferisco? A quegli intellettuali e tecnici che subito si sono messi di
traverso alla riforma con la spocchia classica di chi non sapendo fare non
vuole che si faccia. Dal presidente del Senato Grasso (un magistrato arruolato
dal Pd e miracolato poi dalla politica) a quel Gustavo Zagrebelsky che
pontifica su tutto dal pulpito della presidenza di Libertà e giustizia, un
clubbino nato per abbattere Berlusconi tanto caro a Oscar Luigi Scalfaro e a
Gad Lerner. Da Mario Monti, l'economista che ha trascinato l'Italia nella
palude delle tasse e della recessione a Stefano Rodotà, comunista accademico
del tutto tanto caro agli ultrà grillini. Nei momenti difficili, e questo è
tale, Renzi si aggrappa all'accordo sulle riforme con Berlusconi: sarò leale -
ha detto ieri il premier - e sono certo che anche lui lo è. Il messaggio, oltre
che ai tromboni, è anche ai suoi senatori. Se qualcuno di loro si metterà di
traverso, tutti a casa. Il rischio c'è, perché a sinistra stanno uscendo di
testa. Abolire il Senato elettivo, il bicameralismo e le province è un colpo
duro per chi ha fatto dello Stato controllore e invadente la stella polare. È
una questione di poltrone che svaniscono ma ancora prima di cultura politica: i
riti, i bizantinismi, la paura di fare sono cancri difficili da sradicare dopo
anni di inciuci a tutti i livelli. E poi l'ossessione che torna. Si chiama
Silvio Berlusconi, e quella di ieri è indiscutibilmente una sua vittoria
personale, speriamo non di Pirro
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