Gian Vittorio Baldi
E' morto ieri sera a
Faenza, all'età di 84 anni, Gian Vittorio Baldi, instancabile sperimentatore di
cinema, regista di 'Fuoco!' e produttore di Pier Paolo Pasolini. Baldi, che era
nato a Bologna nel 1930, fu protagonista di stagioni battagliere del cinema
italiano, regista e audace produttore, tra i titoli prodotti, 'Porcile' di
Pasolini e 'L'amore coniugale', film della scrittrice Dacia Maraini, girato
negli anni più intensi delle lotte femministe. Gian Vittorio Baldi regista e produttore,
vincitore di due Leoni d'oro a Venezia, produttore di più di 200 film e
cortometraggi, tra le quali opere di Godard, Bresson, Straub, Risi e
Pasolini.E' stato Presidente della casa di produzione IDI Cinematografica, Segretario
Generale della A.I.D. (International Documentary Association FilmMaker), Presidente
e fondatore del Centro Internazionale di Studi sull'alimentazione, nato a
Brisighella nel 1987, assieme al Prof. Andrea Vitali, al prof. Massimo
Montanari, e al critico dell’Espresso Beppe Mantovano, realizzando importanti
convegni sulla cucina storica ed eventi relativi in Italia e negli Stati Uniti,
con sede nell’ex Palazzo Valvassori dato in uso dal sindaco Vincenzo Galassini.
E' stato il primo a valorizzare il vino di grande qualità nell'Emilia
Romagna (il suo vino, Ronco del Re, è stato scelto da Quirinale per le cene
ufficiali con i capi di Stato) e si ritiene che numerosissime aziende, come
sostengono i giornalisti della Guida del Gambero Rosso, siano nate sul esempio
del Castelluccio.
Gian Vittorio Baldi è anche scrittore, pittore e ricercatore del
linguaggio cinematografico.
Gli sono stati conferiti più di cento riconoscimenti in vari Festival
internazionali, ultimo il premio Umanidad, ricevuto al Sao Paolo Film Festival
nel 2009. Gli sono state dedicate retrospettive in Francia, Finlandia, Cina,
Stati Uniti, Brasile e in molte altre parti del mondo. La redazione porge le più sentite
condoglianze ai figli.
LEGGI I COMMENTI NAZIONALI E
L’INTERVISTA PER I SUOI 80 ANNI
Il genio
della Nouvelle Vague italiana che ama la Romagna
di
Marilena Spataro
Nato a Bologna, ottant'anni fa, Gian
Vittorio Baldi è il primo artista italiano ad aver capito la lezione della
Nouvelle Vague e ad averla sperimentata da noi. E' anche colui che per primo nel
Dopoguerra ha utilizzato in Italia la presa diretta in tutte le sue
potenzialità, conferendo a questa tecnica la dignità di formidabile mezzo
espressivo. Ed è ancora il produttore coraggioso che ha realizzato pellicole difficili
firmate da personaggi del calibro di un Godard, di un Bresson e di un Pasolini.
Mai, come per questo artista, il detto “nessuno è profeta in patria” suona
veritiero. Essere un outsider, e per giunta lungimirante, non ha certo giovato
alla sua carriera, i maggiori riconoscimenti come regista Baldi li ha ottenuti,
e continua a ottenerli, all'estero. Anche se in patria gli hanno conferito,
quando era giovanissimo, due Leoni d’Oro per il cortometraggio al Festival del
cinema di Venezia, questo non basta a fare giustizia alla sua bravura e alle
sue capacità artistiche. Ciononostante, e al di là della sua non più giovane
età, egli continua a essere presente sulla scena del cinema internazionale,
soprattutto come maestro che viaggia per il mondo insegnando agli studenti di
regia, con il racconto della sua esperienza da cineasta e produttore, una
visione originalissima, e diversa da quella usuale, del cinema, che si pone in
un continuo confronto con le più
avanzate tecnologie esistenti e con quelle
del futuro. Durante le pause di lavoro da anni Baldi va “in ritiro” nella sua
suggestiva casetta in pietra immersa nel verde collinare dell'Appennino
romagnolo, tra Brisighella e Modigliana, e questo, nonostante a Roma possieda
una splendida e, per il tempo in cui fu costruita, avveniristica villa sulla
Flaminia, progettata da un giovanissimo studente di architettura il cui nome
sarebbe divenuto da lì a qualche anno famoso: si trattava, infatti, di Paolo
Portoghesi. “Credo di aver contribuito a mettere in evidenza il talento di quel
giovane facendogli realizzare la mia dimora romana” afferma, con orgoglio, il
regista.
Che nel raccontare i momenti più importanti
della sua vita artistica e privata, traccia le linee essenziali lungo le quali
scorre la storia del cinema.
Bolognese di nascita, prima milanese e
poi romano di adozione e, fin da giovane, sempre in giro per il mondo. Perchè
Gian Vittorio Baldi ha scelto di vivere in Romagna e proprio in quella sua
parte più “selvaggia”, genuina e maggiormente refrattaria alla modernità?
“Ho sentito il bisogno di tornare sui passi
dei miei antenati che erano fabbri a Brisighella oltre mille anni fa e che sono
sepolti nel piccolo cimitero accanto alla Pieve del Thò. Oltre al richiamo
degli avi, c’è anche un altro motivo che mi ha spinto a vivere in Romagna, ed è
il ricordo, toccante e sempre vivo nella mia memoria, di me adolescente a Lugo,
dove ho trascorso da sfollato i due ultimi anni della Seconda guerra mondiale.
E’ stato un periodo di enormi difficoltà: la fame, la miseria più assoluta, la
guerra. Ma anche un tempo di grande formazione, dove a fare da contrappeso a
questi affanni c’erano i sentimenti di umanità e di solidarietà della gente del
luogo. In realtà mi sento molto legato a tutta
l' Emilia Romagna, tantissimi anni fa ho persino voluto sperimentare la bontà della sua terra fondando un’azienda viti vinicola, che oggi ha la sede e i vigneti a Modigliana. Un'azienda che permise in tempi lontani a questa regione di ottenere il primo riconoscimento di certificazione di qualità”.
l' Emilia Romagna, tantissimi anni fa ho persino voluto sperimentare la bontà della sua terra fondando un’azienda viti vinicola, che oggi ha la sede e i vigneti a Modigliana. Un'azienda che permise in tempi lontani a questa regione di ottenere il primo riconoscimento di certificazione di qualità”.
Nel 2005 lei ha donato una parte del suo
prezioso archivio legato alla storia del cinema italiano e straniero alla
biblioteca comunale di Lugo di Romagna. Un gesto di riconoscenza per
l'ospitalità ricevuta da ragazzo?
“Sì. Per affetto e per gratitudine verso questa
cittadina che porto sempre nel cuore. L’opportunità di creare il fondo alla
Trisi è nata dall’incontro con l’ex direttore Igino Poggiali. Si tratta di
quasi quattromila libri, di una mole cospicua di materiale cartaceo e di
audiovisivi. E’ una testimonianza importante della mia vita artistica e
familiare, anche quella più intima, e della storia del cinema italiano e
mondiale del '900. Vorrei che l’archivio venisse aperto a tutti al più presto,
specialmente ai giovani, e anche che ogni tanto si tenessero a Lugo delle
proiezione dei miei film”.
Il suo modo di fare cinema e la sua
poetica affondano le loro radici nelle atmosfere da lei vissute da ragazzo
nella Bassa Romagna?
“Il paesaggio, la gente, la situazione
politico sociale, tutto un ambiente e dei momenti particolari che ho vissuto
nella Seconda guerra mondiale in questa parte di Romagna, hanno influenzato
fortemente la mia poetica. Le esperienze dell’adolescenza sono quelle che ti
rimangono dentro”.
Quali i registi dell’Emilia Romagna che
sente più affini?
“Con Michelangelo Antonioni ho cercato di
fare, una volta uscito dall’Università, da aiuto regista, assistente, manovale,
ma non ci sono riuscito. Siamo diventati amici anni dopo. Per me è stato un
inarrivabile artista e grande maestro. Con Federico Fellini esisteva un
bellissimo rapporto, mi chiamava il mio “baldone”. La sua esperienza era, però,
lontanissima dalla mia; lui era un grande caricaturista, bravissimo disegnatore
con una geniale fantasia macchiettistica e battutistica e si appoggiava ad
autori del calibro di Ennio Flaiano o del mio amico Tonino Guerra, io, invece,
credo nel cinema dell’autore, quello che fa tutto da sé, come uno scultore o un
pittore”.
Da cosa nasce la sua passione per il
cinema?
“A Milano, un mio fratello che lavorava per
il Sole24ore come critico cinematografico, mi diede la possibilità di andare al
cinema al posto suo. Eravamo da poco arrivati dalla Romagna e andare a vedere i
film americani e il musical gratis, a 15 anni, appena usciti dalla guerra, non
poteva che essere entusiasmante. Così divenni io stesso il critico. Da lì
decisi di frequentare regia all’Università di Roma, una volta laureatomi
cominciai a lavorare con la televisione francese, poi con quella italiana;
infine mi staccai, diventando regista e produttore autonomo”.
Come avviene il suo passaggio dal mondo
della regia a quello della produzione cinematografica?
“Esistevano dei talenti che non riuscivano
a trovare il modo di esprimersi perché il mercato li condizionava, allora io mi
sono detto che dovevo aiutarli, facendo il produttore”.
Cosa ne pensa del cinema italiano di
oggi?
“Che è un disastro, con le sole eccezioni
di Marco Bellocchio e di Paolo Sorrentino, due autori straordinari. Per il
cinema, come lo intendevamo noi, non esiste più futuro nè in Italia nè nel
mondo. Oggi c’è l’immagine in movimento, nelle sue mille trasformazioni e
possibilità, dal videogioco al film sul web. La mia prossima opera intendo
produrla così. E’ questo il futuro. Il che significa la fine dei circuiti
cinematografici e la morte di migliaia di sale, ne rimarranno una o due per
città, come per il teatro lirico”.
Non prova un po’ di rimpianto?
“Già 50 anni fa affermavo che i film si
sarebbero venduti in video cassette in edicola e che il cinema si sarebbe
evoluto con le nuove tecnologie; allora questa sembrava un’eresia, ma poi è
accaduto. E’ per queste mie tesi, più che per le mie produzioni e per le mie
opere, che mi chiamano in tutto il mondo. Lo scorso anno ho tenuto lezioni agli
studenti anche in Cina e in India. Quanto al cinema del '900, questo rimarrà
come una memoria storica straordinaria, me se si pensa cosa bisognava
affrontare per fare un film, cioè una serie di passaggi lunghissimi più una
serie di condizionamenti, altrimenti incappavi nella censura, come è stato nel
'59 per il mio “Luciano”, dove già affrontavo il tema della pedofilia dei
preti, o per il film di Pasolini, “Porcile”, ritengo sia meglio così. Prima o
poi tutto cambia: alla carrozza a cavalli è subentrata l’automobile, alla
macchina da presa tradizionale i nuovi mezzi tecnologici. Non vedo niente di
male in tutto ciò, anzi, potrebbe trattarsi di una grande occasione di
libertà”.
In apertura di pagina, Gian Vittorio Baldi con il regista Pier Paolo
Pasolini. Qui sopra nella sua azienda viti - vinicola mentre
osserva soddisfatto un tralcio delle sue viti
Accanto, la villa a Roma di Baldi progettata dal famoso architetto
Paolo Portoghesi quando ancora era studente
Sul Golosario di Massobrio, premiato il Corallo Nero 2006
dei fratelli Gallegati già insignito dei Tre Bicchieri nella guida del Gambero
Rosso dello scorso anno e nella guida dell’Espresso, la novità di quest’anno è
il riconoscimento di eccellenza (il premio più prestigioso assegnato dalla
guida) al “16 Anime” dell’azienda Vigne dei Boschi: unico vino bianco, prodotto
in un numero limitato, con uve Riesling coltivate a m 500 slm. Il
riconoscimento esalta la straordinaria vocazione alla coltivazione di vitigni
bianchi sulle colline alte del comune di Brisighella, come già trent’anni fa
ebbe a dimostrare Gian Vittorio Baldi, regista e appassionato di vini, con il
suo Ronco del Re dell’Azienda Castelluccio: un bianco prodotto con uve
Sauvignon, coltivate nelle zone alte, al confine tra Brisighella e il comune di
Modigliana, servito negli anni 80 ai pranzi ufficiali al Quirinale e molto
apprezzato anche dai produttori francesi. Convinto delle potenzialità
territoriali in campo vitivinicolo, il Comune di Brisighella dedicherà un
evento ai vini di pregio.
L’anno scorso l’Amministrazione comunale aveva dedicato
una serata ai Pionieri della Qualità e “il Pioniere principale di
quest’avventura (insieme a Vittorio Fiore e Remigio Bordini) era stato il
regista Baldi (che quest’anno ha compiuto 80 anni e al quale facciamo tanti
auguri). Per continuare a onorare i suoi meriti in campo vitivinicolo istituirà
un premio a lui dedicato, e ai vini e ai produttori locali che si ispirano alla
sua filosofia. Dal notiziario del Comune di Brisighella
Gian Vittorio Baldi
Articolo pubblicato il:
24/03/2015
E' morto ieri sera a
Faenza, all'età di 85 anni, Gian Vittorio Baldi, instancabile sperimentatore di
cinema, regista di 'Fuoco!' e produttore di Pier Paolo Pasolini. L'annuncio
della scomparsa è stato dato oggi dalla Cineteca di Bologna. Baldi, che era
nato a Bologna nel 1930, fu protagonista di stagioni battagliere del cinema
italiano, regista e audace produttore, tra i titoli prodotti, 'Porcile' di
Pasolini e 'L'amore coniugale', film della scrittrice Dacia Maraini, girato
negli anni più intensi delle lotte femministe.
Dopo aver frequentato a
Roma il Centro Speciale di Cinematografia, Baldi esordì alla regia nel 1958 con
'Il pianto delle zitelle', vincendo il Leone d’Oro come miglior cortometraggio
a Venezia. Di qui Baldi ha sviluppato la sua prospettiva cinematografica,
specializzando il proprio sguardo sui temi più duri della realtà sociale. È
stato pioniere di un nuovo cinema documentario italiano a partire dalla seconda
metà degli anni Cinquanta. Ha parlato di povertà, di emigrazione, di
sofferenza. Ha raccontato la repressione alla Fiat negli anni Sessanta.
Come ha scritto il critico
Patrick Leboutte, “i lavori di Baldi rappresentano il lato nascosto del
Realismo italiano e rivelano una visione radicale del documentario, fortemente
caratterizzata da una tensione sperimentale verso le immagini e i suoni”.
La Cineteca di Bologna ha
sempre cercato negli anni di valorizzare l’opera di un caparbio indipendente
del cinema italiano: il suo fondo di film è conservato negli archivi della
Cineteca, che ha recuperato e pubblicato il suo film-manifesto, 'Fuoco!',
girato nel 1968, racconto di una tragedia sociale e familiare che nasce dallo
sparo di un disoccupato contro la statua della Madonna, durante una
processione, e ha restaurato 'Porcile', uno dei capolavori dimenticati di Pier
Paolo Pasolini prodotto con coraggio da Baldi.
La storia che lega un
grande indipendente del cinema italiano come Baldi a Pasolini non è fatta solo
di vicinanza intellettuale e vissuto professionale: c’è anche un film,
'L’ultimo giorno di scuola prima delle vacanze di Natale', diretto da Baldi nel
1975, che fece profonda impressione sul Pasolini in procinto di realizzare
Salò: nel cupo inverno del 1944, tre repubblichini sequestrano una corriera,
per poi derubare e trucidare i passeggeri (donne e bambini compresi), come in
un lager. Pasolini sarebbe rimasto colpito proprio dalla dimensione claustrofobica
e ossessiva delle atrocità evocate dalla pellicola, ambientata nella campagna
emiliana.
La sua doppia qualifica
professionale era di regista e produttore ma in realtà non corrispondeva in
nulla all’idea che comunemente ci si fa di un regista e di un produttore. Baldi
è sempre stato orgoglioso di occupare una 'no man’s land' rispetto
all’industria del cinema, soprattutto negli anni Sessanta, quando era uno di
quegli utopisti che, affascinati dall’esempio di Rossellini, sognavano di dare
l’assalto alla 'città del cinema' disprezzando le leggi del mercato.
Baldi fu anche uno dei
primi a produrre film con l’apporto della Rai (dove aveva esordito come regista
televisivo) e questo è uno dei tanti paradossi della sua vita e carriera: non è
mai stato, infatti, un regista nel senso artigianale del termine, ma un
ostinato sperimentatore che si avventura in imprese perse in partenza, quasi
attratto dal fascino della sconfitta.
La stessa attitudine
anarchica l’ha dimostrata producendo film come 'Cronaca di Anna Magdalena Bach'
di Straub-Huillet, 'Diario di una schizofrenica' di Nelo Risi, 'Quattro notti
di un sognatore' di Bresson, 'Porcile' e 'Appunti per un’Orestiade africana' di
Pasolini, film difficili da produrre anche negli anni d’oro a cavallo fra i
Sessanta e i Settanta.
Non ha mai voluto
fermarsi, né andare in pensione. A più di ottant’anni Baldi è andato a girare
un film in Brasile fra mille difficoltà. Fino all’ultimo ha lavorato ad
organizzare seminari e lezioni di cinema per le giovani generazioni, in particolare
attraverso l’International Film Academy da lui creata e capace di portare a
Bologna docenti come Bernardo Bertolucci e Abbas Kiarostami.
Martedì 26 marzo
Teatro Binario, ore 21
Una lezione speciale di cinema d’autore. Ricerca
e trasgressione
Incontro con Gian
Vittorio Baldi, regista e produttore. Gian Vittorio Baldi
(vive a Castelluccio di Brisighella), docente di Filmologia all’Università di
Bologna, è un ricercatore trasgressivo, uno dei migliori documentarista e
registi italiani della generazione degli anni 30. Ha vinto alla mostra del
cinema di Venezia due Leoni d’oro nel cortometraggio, anno 1958 con Il
pianto delle zitelle e anno 1960 con La
casa delle vedove.
Morto Gian Vittorio Baldi, regista e produttore di
Pasolini
Nel
1958 con ‘Il pianto delle zitelle’ vinse il Leone d’Oro come miglior
cortometraggio a Venezia
Gian
Vittorio Baldi (foto Corelli)
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