Questo è quello che è
scritto negli Atti
parlamentari della XVII legislatura. Per la precisione, a pagina
9, righe 3 e 4, della “Relazione concernente la rendicontazione delle attività
svolte dalla gestione commissariale per il piano di rientro del debito
pregresso di Roma Capitale”, si legge che:
per il Comune di
Roma è stata stabilita, in
alternativa alla dichiarazione di dissesto prevista per tutti gli enti locali,
una disciplina particolare con la quale si è previsto, oltre agli organi della
Gestione Ordinaria, un Commissario straordinario per la gestione del debito
pregresso. In pratica, il
debito creato dai Sindaci pregressi (ovvero Rutelli e Veltroni) nel 2008
era diventato talmente grande da dover dichiarare il dissesto delComune. In alternativa, è stato
deciso di trasferire il debito del Comune a tutta la nazione. Ricordiamo che
nei 15 anni precedenti alla dichiarazione di dissesto, cioè dal 1993 al 2008, il comune
di Roma è stato governato dall’attuale PD, con i Sindaci Rutelli e
Veltroni.
Si
torna a parlare di Roma, anzi di Roma Capitale, e scopriamo, grazie
al lavoro “certosino” del consigliere comunale radicale, Riccardo Magi,
che il disavanzo della Capitale ha sfIorato, ormai, 1,2 miliardi di
euro. Il comune di Roma è, sotto il profilo tecnico, “fallito”, ma nessuno,
dalle forze di governo a quelle di opposizione lo vuole dire con chiarezza ai
cittadini. Chi governa cerca l’aiutino (vedi il decreto “Salva Roma”) per
provare a tirare a campare; chi fa opposizione (NCD, Forza Italia, M5S e i due
marchiniani) porta avanti una polemica per lo più sterile (hanno fatto notizia
gli 80 mila emendamenti dell’on. Alessandro Onorato tutti rimandati
al mittente, a conferma della mancanza di tecnicismo anche da parte di chi
sarebbe delegato a fare opposizione), ma il problema del “buco” rimane sul
terreno e nessuno è in grado di risolverlo. Perchè non c’è soluzione e/o
competenza per porre in atto gli accorgimenti più giusti. Negli USA anni fa la
municipalità di Detroit ha dichiarato il fallimento, in Italia, invece, i
comuni non possono per legge fallire, anche perchè si ritiene che la mano della
politica possa, in un modo o nell’altro, trovare alla fine la soluzione. Anche
nel caso di Roma, appena si parla di fallimento tutti difendono la loro
poltrona (dal governo di centro sinistra fino all’opposizione), ma a giugno già
si parla di mancanza di fondi per il pagamento degli stipendi di questi
dipendenti pubblici (molti dei quali inutili e improduttivi). Per mantenerli ci
toccherà, per esempio, pagare più Tares e più Imu già nel 2014 (per non parlare
delle multe o dei parcheggi con le strisce blu). Sarà, quindi, il mercato a
chiudere le porte alla politica capitolina. Il comune in estate non avrà più
soldi e questo esercito di dipendenti pubblici non saprà più come fare, perchè
se non ci sono i soldi, non li si può stampare. C’è, poi, da fare un ulteriore
approfondimento relativamente al dossier Magi: Chi ha firmato i bilanci del
comune di Roma negli ultimi 20 anni? Chi ha certificato il bilancio della
Capitale? Perchè, per far quadrare i bilanci, è stata sempre utilizzata la voce
“residuo attivo” (praticamente i crediti che il comune ritiene di poter
incassare, ma che di fatto non incasserà mai)? E’ chiaro che con il gioco del
residuo attivo tutti i bilanci comunali vengono tecnicamente rimessi a posto in
Italia e questo non va bene.
Dove era la classe politica di destra e di sinistra quando
questo scempio avveniva? Perchè i media capitolini non hanno mai scritto una
riga su questo tema, se non analisi politiche di facciata utili solo a chi
doveva fornire dichiarazioni promo-pubblicitarie, magari a pochi mesi dal voto?
E dove erano, in quegli anni, le grandi confederazioni sindacali, sempre
attente a tessere rapporti politici, ma mai a porre l’indice su questo disastro
comunale? Il solito consociativismo che a noi “liberali”, vogliamo dirlo con
forza, non piace proprio.
Così come non ci piace la gestione della cosa pubblica
capitolina, perchè, oggi, a tutti i cittadini romani, tocca pagare questo
disastro finanziario con tasse su tasse.
Un “cameo” finale: ogni persona che decolla da Roma non sa
che, nel prezzo del biglietto, viene inserito, ogni giorno, un euro di tassa,
collegata proprio al buco da 15 miliardi di euro di ROMA’60.
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