mercoledì 18 marzo 2015

I DUE MATTEI: MEGLIO QUELLO CON LA FELPA. MA NON PRETENDA DI FARCELA INDOSSARE. ALTRIMENTI SIAMO IN TANTI E SAREMO DI PIU’ ANCHE DA SOLI


Tra i due Mattei scegliamo quello della Lega. Meglio le felpe della volpe.
Le prime, una volta indossate, si piegano e si rimettono nell’armadio. Le seconde – come ha più volte ricordato il presidente dei deputati Renato Brunetta parafrasando Craxi – “finiscono in pellicceria”.
Scegliere le felpe del , però, Matteo leghista non vuol dire indossarle.
Ognuno ha il suo abito e il suo habitat.
metta pure le felpe, noi preferiamo Salvini il doppiopetto di Berlusconi.
Rispettiamo chi insegue il tema del momento, ma siamo anche convinti che un solido progetto di governo si fondi sulla guida prima che sull’inseguimento, su una visione organica prima che estemporanea.
Felpe e doppiopetto possono convivere, certo. Ma non a tutti i costi.
La nostra identità è e rimarrà convintamente contrassegnata dall’adesione ai valori del di cui, da Partito Popolare Europeo sempre, rappresentiamo l’anima più popolare e meno populista; all’interno del quale ci battiamo da sempre (anche a caro prezzo) contro le derive nordiche ed egoistiche della Merkel.
Al di là del dibattito da fashion blogger su felpe, camicie, giacche e accessori di sorta sarebbe opportuno tornare alla realtà e capire quale grave errore sarebbe cambiare le squadre che hanno vinto governando bene regioni come il Veneto e la Campania.
“Impostare il confronto sulle prossime alleanze per le regionali come un continuo ultimatum a Forza Italia – ha osservato ieri la responsabile della comunicazione di Forza Italia, Deborah Bergamini – è il modo peggiore per avviare un percorso che riporti insieme tutte le forze del centrodestra e per organizzare un’alternativa valida alla sinistra di Renzi. Tutto ciò non rende merito alla nostra storia né alle aspettative dei nostri elettori”.




Ha ragione Bergamini. La ricerca dell’unità del centrodestra, la comune sensibilità di Forza Italia e Lega Nord su quali siano le priorità (tasse e sicurezza), non rappresentano un vincolo ad allearsi a tutti i costi. La ricerca dell’unità a cui sta lavorando Forza Italia non è un vincolo.
Nessuno si illuda di poterci indurre ad accettare compromessi al ribasso o indossare abiti che non ci appartengono.
E se i niet ideologici dovessero prevalere sul pragmatismo siamo anche pronti a correre da soli.
 L’asso nella manica, in fondo, ce lo abbiamo noi. Si chiama Silvio Berlusconi.
Quel Berlusconi capace di essere federatore del centrodestra(anche a costo di sacrificare spazi per sé e per il proprio partito) che in pochi mesi seppe passare dal 7% al 30%.
Quel Berlusconi che quando gioca per la propria squadra anziché allenare la propria coalizione fa guadagnare punti su punti a Forza Italia.
Quel Berlusconi che negli anni di governo ha creato 1.440.000 posti , fatto registrare una media della disoccupazione inferiore di lavoroalla media europea (Eurostat), che ha sempre tagliato le tasse sulla , che ha sempre creduto nel primato della casa e sui risparmi sicurezza come premessa per il benessere.
Lo stesso Berlusconi, occorre ricordarlo, che venne messo alla porta da una massiccia speculazione politico-finanziaria in un momento in cui i dati macroeconomici del nostro Paese erano decisamente migliore degli attuali.
Oggi l’Italia chiede speranza.
Dopo 4 anni di politiche fallimentari e presidenti del Consiglio non eletti serve una coalizione che non perda tempo su questioni teoriche o su petizioni di principio. Felpe o non felpe ci vuole realismo.
Ora che la partita con Renzi è definitivamente chiusa, la si smetta di discernere sulle sfumature di grigio, rosso, blu, nero… e si dimostri quella maturità e quel realismo che la situazione richiede. Noi siamo pronti. Berlusconi è pronto.
L’ora della partenza è vicina. Chi deve arrivare arrivi, altrimenti partiamo. Anche da soli.



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