mercoledì 30 settembre 2015

ALTRO CHE EDITTO BULGARO. ORA RENZI VUOL CHIUDERE RAI 3


Succede questo: che a Ballarò osino invitare due esponenti grillini di seguito, il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio e l’altro astro nascente del MoVimento 5 Stelle, Alessandro Di Battista. E così il premier Matteo Renzi non ci sta, accusando i talk di fare i gufi e, in questo modo, di registrare «meno ascolti delle repliche di Rambo». Non finisce qui, perché contestualmente altre due trasmissioni Rai Tre, Presa diretta e Report , tornano sui guai giudiziari del governatore della Campania Vincenzo De Luca. Che reagisce con sportività, definendo «camorrismo giornalistico» i servizi andati in onda. Più in generale, dalle parti del Nazareno, soffronto il fatto che il tradizionalmente amico Tg3 da un po’ di tempo non sembri riservare il trattamento adatto al governo, soffermandosi eccessivamente su ciò che non va nel Paese e non sulle strepitose riforme renziane.
Fin qui il retroscena. Poi, però, Michele Anzaldi, deputato Pd di stretta osservanza renziana nonché membro della commissione di vigilanza Rai, affida le sue considerazioni sulla vicenda al Corriere della Sera . E sono considerazioni che fanno rumore, perché senza mezzi termini l’ex portavoce di Francesco Rutelli spiega che «c’è un problema con Rai3, purtroppo non hanno seguito il percorso del Partito Democratico, non si sono accorti che è stato eletto un nuovo segretario. E l’attività del governo viene maltrattata come neanche Berlusconi». Il senso è chiaro: Andrea Vianello - direttore di rete - e i suoi non si sono adeguati al «cambio verso» e questo non è accettabile, neanche da parte di chi all’epoca delle primarie del 2012 prometteva che avrebbe messo «fuori i partiti dalla Rai».


Ovviamente l’uscita di Anzaldi, in pieno stile «editto bulgaro» di Berlusconi tredici anni dopo, non ha mancato di destare polemiche. E a far la parte del leone è stato il MoVimento 5 Stelle, con Grillo che si è spinto a paragonare Anzaldi al nazista Goebbels, attirandosi a sua volta gli strali dei piddini. Di quelli renziani, per lo meno, perché la sinistra Dem non ha gradito le parole di Anzaldi.
Sì, perché la vicenda ha dei contorni paradossali. Se le vittime dell’«editto bulgaro» lavoravano per i primi due canali del servizio pubblico (Biagi per Rai Uno, Luttazzi e Santoro per Rai Due), stavolta nel mirino finisce Rai Tre, alias TeleKabul. Inoltre, se all’epoca i talk, con percentuali di share vicine al 20%, potevano davvero disturbare il manovratore, prendersela oggi con chi al massimo arriva al 5 è come sparare sulla Croce Rossa. Infine, a sembrare fuori luogo è l’immolarsi di Grillo a difensore del giornalismo, specie dopo che il leader dei 5 Stelle, mesi fa, aveva inaugurato dal suo blog la caccia al giornalista sgradito con tanto di foto segnaletiche.
Una vicenda che sarebbe comica, insomma, se non si parlasse della sacrosanta libertà di stampa. A meno che non si guardi tutto con l’occhio disincantato del membro del CdA Rai Arturo Diaconale: «Da analista politico e non da consigliere Rai, posso dire invece che sono tre-quattro anni che ruota tutto intorno all’eterno congresso del Pd. Un Congresso che si manifesta un po’ in Parlamento, un po’ altrove e la Rai, che in questo caso è veramente specchio del Paese, non può non risentirne anch’essa. Assistiamo con una sola consapevolezza, che non si può andare avanti così all'infinito!». Carlantonio Solimene

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