La settimana scorsa la Commissione europea ha proposto un piano per trasferire 120 mila richiedenti asilo dalla Grecia, dall’Italia e dall’Ungheria in altri paesi membri dell’Unione in base a un sistema obbligatorio di quote; nessuno si aspettava che i ministri degli interni, riunitisi lunedi’ a Bruxelles, lo approvassero in tutti i suoi dettagli, ma nemmeno che la riunione, a quasi sei mesi dall’esplosione dell’emergenza, fosse un tale fallimento, osserva il settimanale britannico “The Economist”.
Poiche’ il piano Juncker aveva l’appoggio della Germania e della Francia, ci si aspettava almeno che i quattro paesi piu’ ostili avrebbero permesso una discussione; invece, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria si sono categoricamente rifiutati di sottoscrivere uno schema che non contenesse l’aggettivo “volontario”.
Per superare l’opposizione il resto dell’Ue sta considerando la possibilita’ di ricorrere a un voto a maggioranza qualificata, che pero’ potrebbe essere “politicamente rischioso”; privatamente i funzionari della Commissione cominciano ad ammettere che nessun paese sara’ costretto ad accettare rifugiati che non vuole e che la crisi sara’ affrontata con impegni volontari. Infatti, c’è il pericolo, tutt’altro che nascosto, che alcuni stati messi di fronte alla minaccia di dover sottostare a quote obbligatorie di “migranti” decidano di abbandonare la Ue.
In un articolo pubblicato sul “Financial Times”, il vice primo ministro e ministro delle Finanze polacco, Jacek Rostowski, sostiene che i profughi in cerca di una vita migliore dovrebbero guardare alla Germania e non all’Ungheria o alla Polonia ed evidenzia i rischi di un sistema obbligatorio di quote per la distribuzione dei migranti.
Il vice primo ministro polacco Rostowski accusa apertamente gli europei occidentali di ipocrisia per il loro tentativo di trasformare quelli orientali in capri espiatori. “Cosi’ come la Germania ha resistito agli appelli sulla crisi dell’area dell’euro, chiedendo che le regole vigenti fossero rispettate nonostante un radicale cambiamento delle circostanze dalla crisi finanziaria del 2008, cosi’ gli europei dell’Est hanno un valido argomento quando dicono che le regole dell’Ue sui rifugiati dovrebbero semplicemente essere applicate”, afferma il politico.
L’Unione, riconosce, non ha fornito un sostegno finanziario adeguato, ma una maggiore solidarieta’ non significa che i paesi debbano accettare quote di rifugiati, volontariamente o no.
Con questo, la netta presa di posizione polacca aggiunge un’altra nazione alla lista di quelle che dicono no al piano Juncker.
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