Renzi fa lo show e sbatte contro il muro del razzismo. Passa da gufi a bestie con un linguaggio che meriterebbe l’intervento del Capo dello Stato. Ostenta sicurezza sulla vittoria del ‘sì’ al Senato per la riforma. Ma rischia di schiantarsi. Noi di certo non deroghiamo: elettività diretta dei senatori, premio di coalizione per l’Italicum
Abbiamo appena assistito ad un altro fine settimana in cui Renzi ha tentato in tutti modi (e occupando tutti gli spazi) di fare il mattatore in pieno stile televisivo, nel senso che si è profuso nella più tipica manifestazione del “one man show”. E tutti i potenti e potentati gli hanno steso mantelli sotto i piedini di fata bugiarda. Abbiamo iniziato sabato con l’intervento a Cernobbio, siamo arrivati a domenica con una capatona a Monza nel box della Ferrari per il Gran Premio d’Italia, propagandata senza pudore dalla Rai in diretta e in differita, per poi approdare alla Festa dell'Unità a Milano e concludersi con una parata da divo con Bono degli U2 che l'ha beatificato a Expo. Uno show quello del Premier che però stanca, i contenuti sono sempre gli stessi, la forma anche. Sinceramente prevale la noia.
Il Primo Ministro (si fa per dire) disegna ogni volta uno scenario da favoletta, in cui lui è il cavaliere bianco che salva il regno umano dal cattivo, anzi dalle bestie. Ormai è passato da gufi direttamente a bestie, con un crescendo di razzismo che meriterebbe un intervento del Capo dello Stato.
Quando non insulta, fa il sognatore dei suoi trionfi fasulli. Sostiene a gran voce che nel Pd (e quindi per il suo ragionamento razzista, nel mondo degli umani) vince il sì alla riforma costituzionale nella forma che ha in mente lui con il suo giro di amici e benevolenti.
In realtà non è tutto rose e fiori il destino delle riforme, soprattutto a proposito dell’articolo 2, ed alta è la probabilità che l’ex sindaco di Firenze si schianti contro il muro dei numeri. La minoranza Pd (che ribadiamo, è roba del suo partito) dice di no sull’articolo 2; e se la ministra Boschi esclude le mediazioni al ribasso, per Gotor, leader al Senato della sua sinistra, quello che l’esecutivo propone è decisamente inferiore a quanto chiedono. La patata bollente è ora nelle mani del Presidente Pietro Grasso, che dovendo decidere se l’articolo 2 è emendabile o meno, ha la possibilità di accontentare o scontentare Renzi, in barba a quello che pensano tutti gli altri. Per quanto ci riguarda la posizione è molto chiara, l’abbiamo espressa più e più volte e da lì non ci muoviamo di un millimetro. Siamo compatti e chiediamo un Senato elettivo e il premio per la coalizione alla Camera, altrimenti voteremo un no grande quanto l’Italia. Renzi avvisato, mezzo salvato.
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