PROVIAMO A FARE
IL PUNTO DELLA SETTIMANA:
- Berlusconi ha fatto il passo indietro e non si
candida più a Palazzo Chigi;
- Il tribunale di Milano ha fatto un altro passo
avanti e lo condanna per Mediaset;
- Il terremoto all’Aquila poteva essere previsto e
le toghe condannano gli scienziati;
- Il sisma del Pollino era previsto ma diventa
imprevisto e nessun giudice però ha parlato:
- L’Ilva di Taranto è pronta a partire, ma i
giudici continuano a frenare;
- Si incoraggiano la paternità e la maternità sine
die, ma con le sentenze poi si levano i figli ai genitori troppo anziani.
Sono
solo alcuni campi dello scibile di cui ultimamente si è occupata la nostra
brillante magistratura. La situazione è sotto gli occhi di tutti: la
classe politica sta cedendo il passo all’innovazione, resiste, ma la voce del
barbiere è rivelatoria: «Dotto’, se ne stanno a annà. Tutti». Lo stesso
non può dirsi di una casta che ci sta sopra le teste e non ha intenzione di
schiodarsi: la magistratura. Ha svolto ruolo di supplenza in alcuni momenti,
non necessario, poi ha scambiato la supplenza per un posto fisso. Così la
magistratura è diventata il centro di gravità permanente di un Paese che di
gravità ne ha poca. I magistrati, inquirenti, giudicanti, civili, penali,
tutti, sono diventati nell’ordine: potere legislativo, esecutivo,
costituzionale, incostituzionale, manageriale, sindacale, spettacolare,
deprimente, utile, inutile, salutare, nocivo. Non esiste Paese nel quale la
magistratura abbia questa dimensione abnorme. O meglio, Stati dove i magistrati
sono onnipotenti esistono: sono le dittature. La giustizia amministrata
dalla magistratura coincide perfettamente con i pensieri del satrapo di turno.
Non c’è alcuna differenza tra la democrazia italiana e la dittatura di Bananas
perché il tiranno cade, il politico viene mandato a casa, ma la magistratura in
entrambi i regimi resta. I Torquemada sono utili a qualsiasi sistema
politico. Il problema è che nel Belpaese è stato fatto un ulteriore salto di
qualità: i procuratori da soprassalto sono legibus solutus, al di sopra della
legge al di sotto di qualsiasi possibilità di applicazione delle regole
democratiche al loro gioco. Il Csm, il cosiddetto organo di autogoverno delle
toghe, non governa niente, ma fa da terza camera del Parlamento. Mentre
tutti gli altri dipendenti pubblici hanno subìto decurtazioni di ogni sorta
dello stipendio e i pensionati il cambio in corsa delle regole per il meritato
riposo, magistrati che giudicano sui magistrati hanno stabilito che gli
stipendi delle toghe non si toccano. Siccome devono essere «sereni nel
giudicare» la Consulta altrettanto serenamente ha deciso che il loro portafogli
deve essere intoccabile. Se la terza Repubblica nasce sotto l’insegna di
questa casta, verrà strozzata nella culla. Serenamente. Mario Sechi - Il Tempo
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