S.te.p.ra., la società consortile per lo sviluppo
del territorio la cui compagine sociale è composta dalle partecipazioni della
Provincia e della locale Camera di commercio con euro 1.338.881 pari al 48,51%
per ciascun ente, poi dal Comune di Ravenna con 1,57% e le restanti quote
polverizzate fra i vari comuni, si accinge a modificare il proprio statuto. E
lo fa non per senso di responsabilità o per dare impulso all’attività
d’istituto, ma unicamente perché lo impone la Legge 7 agosto 2012 n.135
concernente le disposizioni per la revisione della spesa pubblica che all’art.4
introduce un’ulteriore disciplina delle partecipazioni societarie degli enti
pubblici in merito ai consigli di amministrazione e alla rappresentanza.
Sostanzialmente la società sarà amministrata non più da un consiglio di amministrazione composto da tre a quindici membri, ma da un minimo di tre
a un massimo di cinque, prevedendo al contempo la possibilità che uno di questi
ricopra l’incarico di amministratore unico.
Nessuna azione meritoria, dunque, riconducibile a Stepra, né tantomeno
per opera dei maggiori azionisti, ma solo un mero adempimento imposto dalla
legge per contenere i costi nelle partecipazioni societarie degli enti
pubblici. È del tutto evidente, in ogni modo,
come l’argomento centrale riguardante
la società in oggetto non sia quello della
revisione statutaria, ma piuttosto quello di un ripensamento complessivo che
non può prescindere da alcune riflessioni basilari.
- Ha ancora senso, oggi, mantenere in
essere queste partecipate, ormai anacronistiche e inutilmente costose?
Sono davvero strategiche per la mission degli enti locali e per lo
sviluppo del territorio, anche alla luce di bilanci negativi e molto
preoccupanti di alcune di esse? Con questi chiari di luna l’ente di piazza
Caduti intende recedere da questa società?
- Perché la Provincia deve continuare a
cofinanziare gli interventi di stretta competenza della società in
argomento o, addirittura assumere la funzione di soggetto realizzatore
d’interventi, come, ad esempio nell’area produttiva Bassette ovest,
acquistando da Stepra stessa un lotto di terreno? Non è paradossale che il
compito della società sia svolto da un ente pubblico, socio, certamente
non deputato a occuparsi di competenze
simili?
- A questi interrogativi sorge spontanea una risposta, vale a dire come
tali interventi impropri svolti dalla
Provincia, non siano da leggere come vere e proprie “iniezioni ricostituenti”
a favore di Stepra, tenuto conto dell’elevato indice d’indebitamento,
anche se in parte riconducibile
alla crisi del mercato immobiliare.
- Per quali ragioni la Provincia e gli
enti locali che partecipano al capitale sociale non intervengono su questo
tema richiedendo, prima di ogni
altra cosa il ripianamento dei conti e un progetto industriale adeguato.
Vi sono spunti sui quali riflettere in modo
approfondito per ricomporre un quadro complessivo razionale e accettabile,
senza rischi per la pubblica amministrazione. Gianfranco
Spadoni consigliere provinciale U d c
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