Uno dei pochissimi ordini del giorno accolti, tra quelli che chiedevano di tagliare le spese del Senato, punta a «prevedere nei casi di trasferta per missioni, un rimborso a piè di lista con un tetto massimo di spesa per categoria (vitto, alloggio, trasporti, telefono) e una rendicontazione pubblica, inserita nell’area relativa alle schede personali di ciascun senatore presenti nel sito del Senato». I questori l’hanno sottoscritto, si vedrà se daranno seguito all’auspicio visto che, come si dice in Parlamento, «un ordine del giorno non si nega a nessuno». Tutte le altre proposte di tagliare le spese (il MoVimento 5 Stelle ne ha avanzate 32 nell’aula di Palazzo Madama) sono state rimandate al mittente. Eppure l’occasione per ridurre il costo del Senato era concreta ma una larga maggioranza trasversale ha scelto, ancora una volta, di evitare tagli rilevanti. Per questo solo Palazzo Madama continuerà a costare mezzo miliardo di euro all’anno (la metà della Camera dei deputati).
INDENNITÀ . È lo stipendio dei senatori. Attualmente è pari a 5 mila euro netti al mese (a cui poi vengono aggiunti alcuni rimborsi). L’ordine del giorno G3, presentato dai senatori del M5S, chiedeva di «determinare l’ammontare dell’indennità parlamentare in misura tale che non superi l’importo lordo di euro cinquemila». Dunque, a conti fatti, proponevano di dimezzare lo stipendio. La proposta è stata bocciata.
DIARIA: È il rimborso a forfait per pagare le spese di soggiorno a Roma (non si sa perché ma lo incassano anche i senatori che sono residenti ed eletti nella Capitale): 3.500 euro al mese. Un ordine del giorno voleva di fatto dimezzarlo. Non solo. Puntava anche a bloccare la somma «nel caso in cui il senatore sia risultato assente per ogni mese dalle sedute dell’Assemblea e delle Commissioni nella misura del trenta per cento» e di darla «a condizione di una adeguata, integrale ed esaustiva rendicontazione, pubblicata sul sito internet del Senato, prevedendo altresì la restituzione da parte del senatore delle somme non rendicontate». Proposta bocciata. RIMBORSO Sono 1.650 euro: vengono assegnati ai senatori per «spese generali» e sostiuiscono i rimborsi precedenti per le spese accessorie di viaggi e telefoni. Considerato che i senatori hanno tessere per viaggiare gratis dovunque in Italia e che i gestori di telefonia potrebbero offrire contratti a basso costo, i 5 Stelle hanno chiesto di portare il rimborso a 825 euro al mese. Inoltre, si chiedeva anche di avere una rendicontazione delle spese. Pure questo ordine del giorno è stato bocciato.
ESERCIZIO DEL MANDATO. Una volta, quando c’erano ancora le preferenze e i collegi elettorali, si
chiamava «rapporto eletto-elettore». Poi è stato sostituito da un più generico rimborso: 4.180 euro al mese. La metà viene assegnata a seguito di una rendicontazione quadrimestrale, l’altra a forfait. Due giorni fa al Senato è stato proposto di prevedere che questi soldi siano concessi soltanto dopo una rendicontazione precisa controllata dagli uffici. Niente da fare.
BUONUSCITA: Alla fine del mandato parlamentare il senatore riceve dal fondo di solidarietà un assegno che è pari all’80 per cento dell’importo mensile lordo dell’indennità, moltiplicata per il numero degli anni passati nell’istituzione. Un ordine del giorno ha richiesto, semplicemente, l’abolizione, peraltro «destinando i contributi già accantonati a carico dei senatori al bilancio interno del Senato». Proposta bocciata.
VITALIZI : Quest’anno costeranno alle casse di Palazzo Madama 83 milioni di euro. Si tratta di più di ottocento assegni, compresi anche quelli di reversibilità. Una proposta, ovviamente non accolta dall’Aula, richiedeva la «cessazione». Un ordine del giorno più morbido ipotizzava che gli assegni potessero essere riconteggiati e ancorati al calcolo contributivo, quello in vigore per tutti gli altri cittadini o anche, più sbrigativamente, tagliati del 50 per cento. Pure in questo caso non c’è stato niente da fare.
ASSISTENZA SANITARIA : Una proposta naufragata in Aula ipotizzava di poter «valutare l’opportunità di estendere a tutti i senatori in carica la facoltà di recedere dal sistema di assistenza sanitaria integrativa rendendo facoltativa, e non più obbligatoria, l’iscrizione al suddetto sistema di assistenza sanitaria. È rimasta una proposta.
SPESE DEI GRUPPI POLITICI: Sono fondi previsti dall’articolo 16 del regolamento di Palazzo Madama: 21,3 milioni per il 2016. Un ordine del giorno puntava a «ridurre il contributo ai gruppi parlamentari nella misura del 20 per cento rispetto alle attuali previsioni». Niente pure questo.
COLLABORATORI PARLAMENTARI: Lavorano negli staff dei senatori, spesso senza contratti adeguati. Un ordine del giorno ha avanzato la proposta al Consiglio di presidenza e al Collegio dei questori di «estendere ai collaboratori parlamentari le modalità retributive attualmente previste per i collaboratori dei componenti del Consiglio di presidenza e dei presidenti di Commissione», cioè il versamento diretto da parte dell’amministrazione del Senato dei compensi stabiliti, previa trattenuta di pari importo dal rimborso spese per l’esercizio del mandato. Insomma, meno soldi ai senatori e un rapporto di lavoro adeguato ai collaboratori. Non l’ha spuntata nemmeno questo ordine del giorno.
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