Fatto numero uno della giornata.
Alla fine, nonostante la linea di Bersani Pierluigi sia stata difesa con tutta
la forza da Bersani Pierluigi, un fatto nuovo e importante dalla direzione del
Pd c’e': si
tratterà a tutto campo, quindi anche con l’odiato Pdl di Berlusconi Silvio, per le presidenze di
Camera e Senato. Con un totale rovesciamento di
impostazione strategica e anche del possibile esito finale: il Pd sceglierà il
Senato per la Finocchiaro Anna e non la Camera per Franceschini Dario,
per un motivo semplice: evitare di dare la seconda carica dello Stato,
nell’ordine a Berlusconi, un uomo di Berlusconi a o Monti Mario al quale
proprio piacerebbe. È poi il Senato e’, come nel 2006, la frontiera dove si
decidono i destini del governo e della legislatura. Fatto numero due. Monti Mario non ha
invitato Renzi Matteo di sua iniziativa a palazzo Chigi, ne’ regge la
frottola venduta ieri che avrebbero parlato di Firenze e che si trattava di un
incontro in agenda da tempo. L’incontro invece era stato organizzato via Della Valle Diego,
proprietario della Fiorentina, e per interposto parere favorevole del presidente della Ferrari in carica e
del leader
in sonno di Italia Futura, Montezemolo Luca. Il tutto
sulla base di una semplice idea: la zattera di Monti Mario e’ approdata sul
l’altra riva del fiume per il rotto della cuffia, il bocconiano
un politico non è’, bisogna recuperare un vestito istituzionale per il
professore marito di Elsa e allora cosa c’è’ di meglio che affidare la zattera
stessa al sindaco di Firenze che deve decidere cosa fare da grande e se farlo
nel Pd, nonostante tutto? Renzi Matteo e’ andato a Palazzo Chigi a sentire e
gli ha fatto gioco farlo prima della direzione del Pd, alla quale peraltro oggi non si è’ fermato molto,
andando via subito. Ma sa bene che l’offerta ha le caratteristiche della polpetta avvelenata, ed è’ ad
altissimo rischio.
Egli
anche sa bene che non sarà mai capo di questo Pd, che un
Pd con tutto lo stato maggiore già preso
a calci non lo accoglierebbe mai è che, se per caso dovesse
cambiare accogliendo le sue proposte, non sarebbe più il Pd ma un’altra cosa.
Detto questo, certo non può imbarcarsi in un’avventura centrista, con il
bocconiano e Bondi Enrico. Quindi, tentativo di aggancio riuscito solo per un
giorno e solo perché conveniva a Renzi
Matteo andare da Monti prima di Bersani e Berlusconi.
Terza notizia. Ovviamente, Grillo Beppe a palazzo Chigi a seguito
dell’invito di Monti non ci andrà.
Non può farlo, se lo facesse si omologa persino nel caso andasse per dirgliene
quattro delle sue. Inutile attendere o chiedere improbabili
conferme.
Ritorno sulla prima notizia. I piddini sono, dopo la seduta di autoanalisi di oggi,
ingessati e divisi dietro la finta unanimità. Divergenze totali
su tattiche e strategie, navigazione a vista tra formalismi, sospetti e
ambiguità, accuse di aver dato troppo spazio a Vendola Niki o di averne dato
troppo poco a Ingroia Antonio, Veltroni Walter silente, l’anima ex Margherita
che sostiene formalmente Bersani ma si guarda intorno e lavora al piano B senza
averne uno. dagoreport
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