QUANDO L’INGORANZA SALE IN CATTEDRA.
Provvedimenti dalla copertura
ottimistica e non sempre affidabile, troppo disorganici ed eterogenei. La Corte dei Conti non usa mezzi termini
per bocciare le ultime misure del governo
Monti, a partire dalla legge di stabilità e dal decreto sviluppo.
Nella legislazione degli ultimi tre mesi del 2012, quando il governo tecnico era ancora nella
pienezza dei suoi poteri, i magistrati
contabili rilevano una serie di «incovenienti», tutt’altro che
secondari. Innanzitutto il frequente rinvio a provvedimenti secondari di
attuazione; le continue variazioni di
leggi anche recenti, «con riflessi sull’attendibilità delle
stime circa gli effetti finanziari recati dalle norme»; ma anche l’approvazione
di emendamenti privi della relazione
tecnica o per i quali la relazione è stata vistata
negativamente dal Ministero
dell’economia. Infine, di non poco conto, «l’utilizzazione a
fini di copertura di cespiti, come i proventi dei giochi e le accise sugli
idrocarburi, il cui gettito è calante e le cui stime appaiono per conseguenza
non affidabili e l’impiego in modo improprio di fondi di tesoreria per coprire
oneri di bilancio».
La Corte entra nel dettaglio
iniziando dal decreto sviluppo
delineato dal ministero dello Sviluppo economico per favorire la crescita, la
realizzazione di infrastrutture
e la nascita di start up innovative, ma anche per liberalizzare il settore rc
auto e per favorire la digitalizzazione della p.a.. Si tratta di «un provvedimento disorganico» che
«reca i più disparati interventi», scrivono i magistrati. Con alcune misure
come il credito d’imposta
per le infrastrutture il governo avrebbe inoltre fatto il passo più lungo della
gamba. Le norme di carattere fiscale, specificano, infatti «non recano tetti
massimi alle minori entrate da esse generate e risultano prive di clausole di
salvaguardia per fronteggiare il minor gettito rispetto alle stime».
Non meno dure le critiche alla legge di stabilità che addirittura «viene svuotata
della sua componente fondamentale». Il provvedimento «non realizza
la manovra, collocata o anticipata com’è nei decreti legge, ma finisce con lo
svolgere un ruolo attuativo di decisioni già prese o meramente distributivo di
risorse già raccolte». Inoltre, rincara la Corte, la legge manca di «respiro pluriennale» e
«l’estrema eterogeneità dei suoi contenuti (articolati – ricordano i magistrati
– in 561 commi di un unico articolo)
non si pone in linea con le prescrizioni della legge di contabilità, che ne
prevede un contenuto snello e di manovra». Anche in questo caso nelle
disposizioni di carattere fiscale, la quantificazione degli oneri «è
decisamente da migliorare». Ultima stoccata infine anche alla Tobin tax, «le cui previsioni di gettito – – conclude
la Corte – s
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