Ieri Marco
Travaglio, durante la puntata di “Servizio pubblico”, come nulla
fosse dice (citiamo a senso): Berlusconi non c'entra nulla con le stragi
di mafia e la trattativa con la mafia per cui si sta facendo il processo di
Palermo. Interessante. Un minimo di autocritica, no eh? Avrebbe dovuto ricordare il momento in cui
diventò Travaglio, grazie all'intervista che gli fece Daniele Luttazzi su
Rai2 sul libro “L'odore dei soldi” di cui era coautore con Elio Veltri. Era il
14 marzo del 2001. L'intervista era incentrata
su documenti che per Travaglio e Luttazzi suggerivano Berlusconi come coautore
delle stragi di mafia. Senza contraddittorio. Ecco lo stesso Travaglio raccontare
come venne a Luttazzi l'idea del colpo televisivo. “(Luttazzi) scorre gli stralci della
requisitoria del pm di Caltanissetta Luca Tescaroli, che parla anche
delle indagini in corso su Berlusconi e Dell’Utri come possibili
'mandanti a volto coperto' delle stragi politico-mafiose del 1992-‘93 (indagini
all’epoca ancora aperte: saranno archiviate fra mille polemiche soltanto nel
2002)”. Adesso, senza più neanche polemiche, Travaglio ammette
tranquillamente che Berlusconi e Dell'Utri non c'entrano, non sono mandanti,
fa lo spiritoso dicendo “è l'unico processo in cui Berlusconi non c'entra” e
che bisogna guardare a sinistra. Scuse, no eh? Dire che il sospetto fu un
errore e che sfregiare in tivù sulla base di carte poi archiviate una persona è
indecente? Impossibile. Non gli passa neanche per la testa. Sono i
giustizialisti con l'innocenza degli altri. Sono gli ingiustizialisti,
bellezza. E non ci puoi fare niente.
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