La campagna elettorale la vince
Berlusconi il Grande. A ‘Virus’ in onda le differenze tra uno statista che ama
il popolo e un dittatorello sotto choc. Ecco perché non cedere alle derive
anti-sistema. C’è una strada politica per la rinascita ed è quella della
rivoluzione liberale e non violenta dei moderati
Diceva Agatha Christie che
“un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi
fanno una prova”. ‘Che tempo che
fa’, ‘Porta a Porta’ e ieri sera ‘Virus’. I tre indizi che
provano, in maniera inconfutabile, la tesi che sosteniamo da tempo: tra
Silvio Berlusconi e Matteo Renzi il confronto è impari. Non c'è partita. Due
pianeti diversi. SILVIO BERLUSCONI parla la lingua delle cose e dei bisogni
veri, non è espressione di un'ideologia, ma di un'esperienza di partecipazione
ai desideri e alle difficoltà del popolo che lo rendono nuovo ogni giorno di
più.
MATTEO RENZI è ormai sotto
choc, fa i suoi comizi in tv dicendo il contrario rispetto ai suoi
comportamenti. Ha proclamato la “l” di legalità come suo simbolo, ha praticato
invece la "i" di illegalità come azione di governo e gestione del
potere all'interno del partito.
Il parolaio fiorentino ha perso
le staffe, è un disco rotto. Confonde la democrazia delle regole certe con
l'assolutismo delle regole che mutano al mutare dei destinatari.
Il caso De Luca è
l'emblema di un cortocircuito, innanzitutto mediatico, che annienta il
diritto alla chiarezza non solo degli elettori campani, ma di tutti coloro
che sono chiamati ad esprimere il loro voto domenica prossima. Come i suoi predecessori al Nazareno, Matteo
Renzi non ha resistito al richiamo della foresta che per certa sinistra è
rappresentato dall'arroganza dialettica contro il vero e più temibile
avversario politico tutt'ora in circolazione, il Presidente Silvio
Berlusconi.
Nessuna novità, tutto come prima. Renzi ha forse rottamato qualche
vecchio comunista, ma non ha affatto archiviato i metodi politici e le
strategie comunicative che in questi venti anni hanno portato la sinistra
italiana a proporsi agli italiani non come un'alternativa credibile, ma
solamente come un'accozzaglia rancorosa di uomini contro.
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