Un articolo-bomba apparso su "La Voce
della Russia", il network di comunicazione che fa capo alla Radio
internazionale della Russia, ridicolizza Renzi e la sua nuova legge elettorale
che di fatto elimina il diritto di voto. L'articolo ve lo riportiamo
integralmente, eccolo:
Ma anche il diritto al voto era oggetto di riforma? È questa la
domanda che ci sovviene guardando ai cambiamenti che il Governo Renzi sta
varando in queste ore, a colpi di populismo spinto. Una risposta seria la
desidera quella gran parte di italiani che oggi è molto preoccupata dalla
perdita di sovranità in favore dell’Unione Europea, ma che resta in timoroso
silenzio quando si tratta delle tante riforme che stanno finendo per abrogare,
nei fatti, il diritto al voto in Italia.
Crediamo, infatti, che non sia sfuggito a nessuno
come le abrogazioni-farsa del Senato e delle Province confermino una sola unica
certezza: il diritto al voto è diventato un optional, accompagnato dalla
massima “non disturbate il manovratore”. D’altra parte,
l’insofferenza verso la cabina elettorale non ci stupisce, poiché Renzi è il
terzo Presidente del Consiglio consecutivo a non essere passato dalla
consultazione popolare, ma costruito in laboratorio grazie alle alchimie dei
palazzi romani e dei “club” sovranazionali. Ci stupisce invece la totale
assenza di opposizione da parte della gente: sembriamo un popolo demotivato, in
cassa integrazione mentale.
È desolante non vedere neanche un singulto di
dignità, non un tricolore che sventoli sotto palazzo Chigi chiedendo
miglioramenti veri, non una voce di protesta che affermi che esistono principi
basilari che non possono abrogati. Dove sono finiti quei costituzionalisti
prezzolati che difendevano l’immutabilità della Carta Costituzionale? Rodotà,
se ci sei batti un colpo! Zagrelbesky, se ci sei batti due colpi! Niente
girotondi, nessun sit-in: tutti appiattiti sul cambiare
tanto per cambiare. Quando un popolo smette di difendere la propria sovranità,
muore ogni giorno sotto il nerbo di una dittatura strisciante: e il rischio che
si vada proprio in quest’ultima direzione è molto consistente.
La recente immagine che incarna lo spirito di
questi giorni è la gongolante ministra Boschi, che come una novella Giovanna
D’Arco dichiara: forse per la prima volta c’è qualcuno che le
riforme non le promette e basta, ma le realizza. Io vengo da una famiglia
contadina, probabilmente ho in me questa cultura e ne vado orgogliosa. Come me
ci sono tanti cittadini italiani che hanno studiato molto e semplicemente si
sono stancati di promesse non mantenute, in primis dalla classe politica. Per
questo abbiamo cercato di accelerare. Un bel discorso, non c’è che dire,
solo che di mezzo ci va il sacrosanto diritto di scegliere i propri
rappresentanti: Renzi, infatti, ha incamerato tre riforme e su tutte e tre,
elettorale/Senato/Province, ha tirato il pacco agli italiani togliendogli la
possibilità di selezionare la propria classe dirigente. Insomma, la
rottamazione andava bene finché serviva a portarlo al governo, da lì in poi il
voto diventa solo un ostacolo.
L’ex sindaco di Firenze non abolisce in senso
stretto il Senato, ma gli dà una definizione nuova: “Senato delle Autonomie”.
Una parte di esso, composta da ventuno senatori, verrà insignita di questa
carica dal presidente della Repubblica: noi riteniamo che “insignire” stia in
realtà per “nominare con cooptazione nepotista”. La parte restante sarà
cooptata dalle Amministrazioni locali. I Senatori non avranno vincoli di
mandato: una vera follia, visto che di fatto diventera un Senato federale. Avrà
potere di intromissione sulle leggi della Camera, seppure con potere minore -
questo alla faccia del superamento dell’amatissimo bicameralismo perfetto.
Questi nuovi Senatori, che sono già Presidenti di Regione, Sindaci e
Consiglieri regionali verranno regolarmente retribuiti, quindi dove sono i
tanto decantati risparmi sui costi della politica? Ecco l’unica vera riforma: i
cittadini non eleggeranno più i Senatori.
Questa settimana la Boschi ha starnazzato inoltre
che le Province sono state abolite. Non è vero, le Province
sono ancora lì! Ecco infatti le trionfanti parole del presidente delle Province
Unite Antonio Saitta (PD): Siamo riusciti a mantenere gran
parte delle competenze che avevamo prima e a queste ne abbiamo aggiunte di
nuove. Qualche novità c’è ma la sostanza resta quella di prima. Le si è solo
chiamate in modo diverso. Le future Province si occuperanno di viabilità (l’80
per cento delle strade italiane), trasporto pubblico su gomma, tutela
dell’ambiente, pianificazione territoriale, edilizia scolastica per le scuole
medie e potranno anche diventare stazioni appaltanti per i lavori pubblici dei
piccoli comuni. Se volete - ha
conluso ironico - chiamatela pure “abolizione delle Provincie”.
Complimenti, governo Renzi! Anche qui ciò cambia veramente è solo il metodo di
elezione. I cittadini non avranno più voce in capitolo, dato che i Consiglieri
provinciali saranno “nominati” dai consigli comunali.
Infine,
anche l’altra grande riforma, venduta agli italiani come un fustino Dixan e amplificata da media amici come
La Stampa, è una farsa. Se a questo aggiungiamo che nella riforma elettorale
varata da Renzi è impossibile esprimere la preferenza per un candidato, il
cerchio si chiude.
Peccato soltanto che la pazienza degli
italiani non sia ancora giunta al limite.
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