Come i conti alla fine demoliranno Renzi. Il
debito pubblico cresce, le Province abolite sono una finzione, sulle pensioni
si sta elaborando la rapina del secolo. La scuola: scontro per finta. Non
c’entrano i contenuti, ma solo la lotta interna al Pd. E chi ci rimette è chi
vuole una scuola seria
Renzi in un mare di guai. Non bastassero i dati
ballerini che adesso i sondaggi sulle regionali ci raccontano (con partite
apertissimi dove invece il Pd credeva di vincere a mani basse) ma per il
premier i fronti aperti si stanno moltiplicando e sono tutti caldi e ad alto
rischio implosione.
Con il problema dei problemi che neanche le sue
barzellette sono mai riuscite a celare. I conti che non tornano e che alla fine della
giostra demoliranno lui e il suo fragile a arrabattato esecutivo.
Ieri per il povero Matteo
Renzi è
arriva un’altra, l’ennesima, doccia fredda: nuovo record per debito
pubblico Italiano: “il debito delle
Amministrazioni pubbliche – ha fatto sapere Palazzo Koch – è aumentato in marzo
di 15,3 miliardi, a 2.184,5 miliardi superando il precedente massimo di 2.169
toccato nel mese di febbraio”.
E adesso come la mettiamo, caro Renzi? E adesso
come la mettiamo, caro Padoan? Il ministro dell’Economia e delle finanze non ci
aveva detto che il debito doveva stabilizzarsi nel 2015 e scendere dal 2016?
Come mai continua a crescere e Bankitalia ha certificato un nuovo
record?
Domande senza risposta. Il
governo non commenta i dati scomodi. Fa solo spot pubblicitari, nulla di più.
Ci avevano raccontato che le Province, con il famigerato
provvedimento Delrio, sarebbero scomparse, e con esse i costi per lo Stato.
Falso: le Province vivono e costano come
prima –
ci dice la Corte dei Conti – continuando a spendere
la bellezza di 7 miliardi all’anno.
E sulle pensioni? Continua
la grande lite tra Renzi e Padoan dopo la decisione della Corte costituzionale.
Renzi vuole posticipare il
decreto per ragioni di opportunismo elettorale; Padoan, per i suoi impegni in
sede europea, vuole farlo subito anche se a costi ridotti, ridottissimi.
Evidentemente vorrebbe accontentare l’Europa, ma scontentando 5-6 milioni di
pensionati.
In ogni caso siamo di fronte a un imbroglio. Un imbroglio nei
confronti dell’Europa, ma un imbroglio soprattutto nei confronti di quei
pensionati che dopo la sentenza della Consulta aspettano di riavere i propri
soldi. Noi diciamo basta, che si faccia un decreto, che restituisca tutto a
tutti, e che Renzi si assuma le sue responsabilità. Altro che tesoretto.
E sempre allo stesso argomento l’Ufficio
parlamentare di bilancio, nel suo ‘Rapporto sulla programmazione di bilancio,
pubblicato ieri, dedica un capitolo intero. Secondo l’Upb in assenza di
interventi compensativi l’intero impatto (rimborso degli arretrati e nuove
indicizzazioni a regime) entrerebbe nell’aggregato di spesa monitorato secondo
i criteri contabili europei, provocando una ‘deviazione significativa rispetto
a quanto previsto dalle regole’ per l’anno 2015.
Naturalmente altri approfondimenti si renderanno
necessari quando scopriremo finalmente la cifra che il governo intende mettere
sul piatto della bilancia per il decreto, tenendo conto anche dell’aumento
delle entrate Irpef.
Ma il messaggio che ci consegna l’Upb è chiaro, ed
è una constatazione che noi avevamo fatto subito, all’indomani della decisione
della Corte: sarà necessario riscrivere il Def. Il governo non potrà
sottrarsi a questa evidenza e a questo passaggio naturale e ineludibile.
Altro fronte aperto è quello della scuola. Renzi litiga con i
sindacati? È uno scontro per finta. Non c’entrano i contenuti, ma solo la lotta di
potere all’interno del Partito democratico. Da una parte i renziani, dall’altra
i “sindacalisti” del Pd. E chi ci rimette è chi vorrebbe una scuola seria ed
una riforma degna di questo nome. Altro che assunzioni clientelari senza concorso e
senza merito.
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