Negli ultimi anni il fenomeno dei
negozi cosiddetti di “compro oro” ha assunto proporzioni enormi, consentendo a
questa idea commerciale di prendere piede anche nel più remoto dei centri
abitati del nostro Paese. E’ sufficiente osservare i cartelloni
pubblicitari che con un forte impatto comunicativo, sono presenti in ogni
angolo delle nostre città per dare concretezza a qualcosa di più di una
semplice sensazione. I numeri parlano chiaro, ogni giorno la cronaca riporta di
episodi criminosi legati a queste attività. Il convincimento che siano sempre
più coloro che non hanno qualifiche professionali adeguate ed aprano
queste attività anche con fedine penali non proprio linde. E’ fuor di dubbio
che molti si siano lanciati in questa attività con improvvisazione e, troppo
spesso, in spregio della Legge. Un mondo labirintico in cui il metodo operativo
è un concetto astratto e dove le normative in materia molte spesso non vengono
applicate in modo corretto. D’altronde il prezzo dell’oro vola: molte volte c’è
chi vuole speculare, è nella natura delle cose. L’utenza che si rivolge a
questo tipo di attività è varia e le esigenze che sono alla base della vendita
lo sono altrettanto. La crisi ha stimolato la vendita dei monili di famiglia ma
molto sono anche coloro che vivono al di sopra delle loro possibilità e che
utilizzano il ricavato per l’acquisto di altri beni. i dati forniti da Eurispes
parlano chiaro. Nel 2011, l’8,5% degli italiani, con punte massime al Sud
(9,8%) e nelle isole (9,9%), si è rivolto ai “compro oro” per ricavare
denaro. Il boom dei “compro oro” a
livello nazionale è un fatto recente; ad effettuare questo tipo di commercio
erano soltanto alcuni operatori ed esclusivamente nelle grandi città, i quali
ritiravano i gioielli usati o per rivenderli, opportunamente ricondizionati e
venduti per usati, se di particolare pregio, o per permutarli con oggetti
nuovi
presso le aziende orafe ove venivano fusi o trasformati.
Invece negli ultimi anni, grazie si
è assistito ad un incontrollato radicamento di questa idea commerciale su
tutto il territorio nazionale, grazie alla convinzione di poter raggiungere
facili guadagni con spese d'impianto minime.
Questo ha comportato livelli di crisi agli operatori professionali
soppiantati nelle competenze, senza che nessuno intervenisse nonostante gli
allarmi e gli esposti presentati, da operatori abusivi ed improvvisati.
Trattandosi di oro non
è difficile immaginare la facilità con cui attraverso questo mezzo,
sia possibile riciclare denaro e proventi di attività illecite. Lo sviluppo di questi negozi, però, ci deve
fare riflettere, soprattutto sulla tipologia dei loro clienti. L’Osservatorio
sulla criminalità per la Campania ha rilevato come dal 2008 al 2010 in Puglia,
regione particolarmente sensibile al fenomeno, i reati contro il patrimonio, in
particolar modo scippi e furti di appartamento, sono cresciuti di circa il 70
per cento. Nello stesso periodo si è assistito a un boom equivalente di ‘Compro
Oro’ che, nel solo capoluogo sono passati da 416 a 700. Pur stando attenti a
non cadere nel tranello che gli psicologi chiamano ‘correlazione illusoria’, e
quindi a giudicare una categoria in modo pregiudizievole, la sincronia è
suggestiva. Difficile dire quale sia il reale giro d’affari ma si stima che movimentino
non meno di 300 tonnellate di metalli nobili e materiale gemmologico che
presuppongono “un giro di affari” di non meno di 7/10 miliardi di euro
annui. E’ ovvio che un business ad alta redditività attragga fenomeni
criminosi: alto è quindi il rischio della penetrazione nel settore della
criminalità organizzata, complice anche il prezzo del metallo giallo, che, in
particolare negli ultimi anni, ha raggiunto cifre da record
La necessità di una
regolamentazione della compravendita di oggetti preziosi usati delle
attività di “compro oro”, è una priorità.
Oggi, pur non avendo riscontri ufficiali, possiamo affermare, senza
timore di smentite, che le attività che in prevalenza effettuano compravendita
di oggetti preziosi usati oscillano tra i 10.000 e i 12.000, mentre
quelle che lo fanno in maniera non prevalente sono circa 14.000.
Nell’ultimo caso prospettato
trattasi di attività di vendita al dettaglio di prodotti di oreficeria e
gioielleria “le classiche gioiellerie” che acquistano oggetti preziosi usati
prevalentemente dalla propria clientela, nella stragrande maggioranza dei
casi permutandola con oggetti nuovi.
All’inizio del 2012 anche il Ministro dell’Interno, Anna Maria
Cancellieri, nel corso di un suo intervento alla Commissione antimafia, ha
voluto sottolineare la ‘pericolosità’ e l’esponenziale crescita di fenomeni
delinquenziali. Il Ministro, ha affermato che, nei negozi ‘Compro Oro’ c’è una
carenza di trasparenza a cominciare dalla ‘oggettiva difficoltà per la tracciabilità
dei passaggi di mano, in ragione di un quadro normativo che necessiterebbe di
un intervento di attualizzazione, anche a beneficio di una maggiore trasparenza
fiscale’. Si tratta, infatti, di un
settore non controllato, in continua crescita, che si basa anche sul fenomeno
del ‘traffico delle licenze’. Si pensi che solo nel 2011 e nella sola Capitale
sono state date dalla Questura 211 nuove licenze, di cui il 33% relative a
cambi di proprietà. Le licenze vengono scambiate ogni 2-3 mesi, un cambio troppo
rapido per non destare sospetti. A garanzia di ciò non è peraltro necessario
alcun attestato o competenza particolare, se non la (ovvia) fedina penale
pulita.
E un dato di fatto. Le inchieste
giornalistiche lo hanno evidenziato: sovente in queste attività non
si effettua la registrazione obbligatoria dell'identità del
venditore, né si tiene la registrazione descrittiva degli oggetti ritirati
sull’apposito registro di carico. L'attuale normativa prevede un periodo obbligatorio
di giacenza di 10 giorni degli oggetti preziosi acquistati da privati da parte
degli operatori del settore orafo prima che questi possano essere fusi o
rivenduti alle fonderie. Ciò consente agli organi di polizia di poter
controllarne la provenienza lecita degli oggetti. Ma se non si procede alla
registrazione del venditore, né a quella degli oggetti, questi possono essere
tranquillamente fusi senza attendere i 10 giorni previsti dalla norma. Alberto
Ancarani
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