Quando Silvio Berlusconi usa parole come
"disgusto" per descrivere lo stato d'animo di gran parte degli
elettori verso la politica attuale, ed i partiti che la rappresentano, afferma
una verità che trova ampio riscontro nei fatti. "I sondaggi ci dicono
addirittura che il 70% dei cittadini è disgustato da questa politica e da
questi partiti" osserva il presidente e fondatore del Pdl; e neppure un
evento di grande impatto quali le primarie del centrosinistra smentisce il
quadro cupo della situazione attuale. In
sostanza, tuttora in Italia la situazione sarebbe esattamente quella
fotografata dai risultati delle recenti elezioni regionali della Sicilia, dove
ha votato solo il 47,43 per cento degli elettori. Un segno di disaffezione al
voto che costituisce un record negativo senza precedenti in Italia. Ma al 52
per cento di chi non ha votato, secondo l’analisi prevalente e fatta propria da
Berlusconi, si deve aggiungere l’area di chi pur votando, ha compiuto una
scelta dichiarata contro i partiti tradizionali ed ha optato per il movimento
di Grillo (14,90 per cento), oppure – pur votando per le forze tradizionali –
ha poi ammesso in più sondaggi di non riconoscersi più nei vecchi partiti. La questione,
a questo punto, è semplice quanto drammatica: è possibile recuperare la
fiducia e il consenso di quel 70 per cento di italiani scontenti? E
come? Il
tema è a dir poco obbligato per i leader del centrodestra, in quanto la
maggioranza di questo 70 per cento sono nostri elettori, che finora hanno
mostrato una solida coerenza. Infatti, in tutte le votazioni che si sono svolte
negli ultimi due anni, questi elettori non hanno mai ceduto alle sirene della
sinistra, pur di fronte a una crisi economica senza precedenti, non hanno mai
creduto che i post-comunisti fossero diventati di colpo socialdemocratici (e
men che meno liberali), e per questo si sono ben guardati dal cambiare
bandiera. La verità è che si tratta in stragrande maggioranza di moderati, che
da sempre in Italia sono la maggioranza. Una maggioranza sempre silenziosa, ma
con le idee chiare sui valori da difendere, che sono gli stessi della nostra
parte, gli stessi del Partito popolare europeo: libertà e democrazia,
solidarietà e sussidiarietà, tutela delle famiglie e delle imprese, un’Europa
dei popoli e non delle banche, oltre alle garanzie necessarie sul piano fiscale
e normativo perché la libertà d’impresa possa essere esercitata con successo e
con profitto, condizione indispensabile per creare nuovi posti di lavoro.
Sono principi semplici, ma molto chiari, che non
hanno nulla in comune con chi pone al primo posto dell’agenda politica del
futuro i diritti dei gay e delle coppie di fatto, l’eutanasia oppure altri
segnali di uno spirito di sinistra cari a Vendola, come la patrimoniale.
Ovviamente, fare propri a parole questi principi non basta più per
riconquistare quel 70 per cento di indecisi. Servono i fatti, in un contesto di
assoluta chiarezza. Primo fra tutti un’unione convinta di tutte le componenti
dei moderati, con un po’ più di ottimismo. In fondo, la storia insegna che è
solo con un po’ di ottimismo che si realizzano le grandi imprese.
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