Introdurre nel nostro ordinamento il principio dello IUS Soli –
temperato o pieno poco importa – è consegnare il nostro paese, già provatissimo
da migrazioni epocali di cui siamo protagonisti nostro malgrado, a meta ancor
più ambita". Avremmo volentieri fatto a meno di intervenire su un
argomento di competenza parlamentare, che investe fortemente i consiglieri
comunali nei suoi esiti ma ovviamente senza consegnare loro alcuna leva per
decidere. Dunque vorremmo tacere. Se non fosse che da due giorni le cronache
locali sono investite di sperticate lodi al provvedimento sulla cittadinanza,
appena licenziato da una delle due Camere (e dunque per fortuna non ancora
divenuta legge!) senza che compaia alcun controcanto. La facciamo breve.
Introdurre nel nostro ordinamento il principio dello IUS Soli – temperato o
pieno poco importa – è consegnare il nostro paese, già provatissimo da
migrazioni epocali di cui siamo protagonisti nostro malgrado, a meta ancor più
ambita di cosiddetti migranti che pensano di trovare fortuna (e cittadinanza!)
in Italia. Insomma: se oggi come non mancano di ricordare molti buonisti
nostrani, l’Italia è solo una meta di transito, introducendo lo IUS SOLI sarà
piuttosto una meta per una migrazione calcolata con prospettiva di stabilità per
chi raggiunge il nostro paese. Quella licenziata alla Camera si può infatti
definire una legge sulla CITTADINANZA-GRAVIDANZA, perché diventa un vero e
proprio invito alle donne incinte non italiane a trasferirsi ad ogni costo in
Italia pur di consegnare una cittadinanza diversa ai loro figli. Sia ben
chiaro. Lo Ius Soli può non essere il male assoluto e ancor meno lo può essere
se previsto in modo temperato. Ma non tutti i paesi sono uguali e il nostro, in
particolare, è il meno adatto ad introdurre un simile principio. La facilità
con cui siamo raggiungibili e penetrabili, la mollezza del nostro sistema
burocratico e giudiziario e la nostra posizione geografica, unite al clamore
suscitato in paesi a noi vicini nella sciagurata ipotesi in cui il provvedimento
divenisse realmente legge ci trasformerebbero in un vero e proprio suk, che
nessun afflato di politicamente corretto ci convincerà mai a vedere
positivamente.
L’approvazione
di quella legge è nefasta per l’Italia e dunque per Ravenna, checchè ne pensino
il Sindaco o l’assessore alla Cultura del nostro Comune.
A differenza
loro confidiamo, anche per il bene di coloro che oggi non se ne rendono conto,
che il Senato non la faccia passare. Alberto
Ancarani (Forza Italia)
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