La sinistra di
governo non sa fare di meglio della cattiva imitazione di un governo di destra
Con una sinistra di
governo che non sa fare di meglio della cattiva imitazione di un governo di
destra e che, dopo la scomparsa del comunismo internazionale e la dissoluzione
dell'Unione sovietica, è alla ricerca di un'identità culturale alternativa e
sostituiva del marxismo-leninismo e di un ubi consistam per catturare
l'elettorato moderato, si è aperto uno spazio per il berlusconismo.
La sinistra la smetta, con
Renzi, di promettere riforme, compresa la riduzione della pressione fiscale,
che poi non fa. Le faccia sul serio queste benedette riforme! Sul fronte
berlusconiano, ci sarebbe ugualmente bisogno di una forte cultura liberale che
individuasse e proponesse «una certa idea dell'Italia» contraria allo
statalismo e al dirigismo egemoni e capace di inserire il nostro Paese fra
quelli capitalisti e di mercato dell'Occidente. A destra, la concentrazione
della leadership in una sola persona, invocata a ogni elezione per vincerla, e
l'esclusione degli intellettuali che, nel 1994, avevano aderito a Forza Italia
e individuato in Berlusconi il proprio leader, ha svuotato il berlusconismo
(ora sostituito, trasformisticamente da sinistra col renzismo) eliminando ogni
ipotesi di alternativa liberale. Così il sistema politico si è ridotto a una
perenne vigilia elettorale priva anche solo di una parvenza di cultura degna di
un Paese occidentale.
Dalla tv e dalla lettura
dei giornali, l'Italia appare senza uno straccio di proposta alternativa a
quella della sinistra orfana dal Partito comunista. È l'effetto della crisi
culturale in cui è piombata l'Italia, la cui scuola programmaticamente dominata
da reduci ex comunisti, non ancora definitivamente postcomunisti, non ha
prodotto una credibile classe dirigente. Il Pci, entrato in crisi con la
dissoluzione dell'Urss e la scomparsa del comunismo internazionale, ha generato
una classe dirigente priva di una decente identità che non sia il rimpianto
dello Stato guida da imitare.
Il berlusconismo si era
ridotto all'anticipazione del renzismo, promettendo riforme che poi non aveva fatto,
e limitandosi alla leadership personale del suo fondatore, che è imprenditore
capace, ma come uomo politico è troppo fragile; da destra, Berlusconi lo si
invoca alla vigilia di ogni elezione, come il leader che la farà vincere, ma
palesemente anche non in grado di promettere un governo culturalmente capace.
Così, la sinistra, con un'operazione trasformistica, si è inventata, con Renzi,
una cattiva parodia di Berlusconi, conquistando parte del ceto medio, sempre
alla ricerca dell'«uomo forte» che decida le riforme delle quali ha bisogno il
Paese. Ma il renzismo sta fallendo, anche come «uomo solo al comando»,
soffocato dalle molte promesse non attuate, e all'opposizione c'è, anche lì,
«un uomo solo al comando»; che magari fa vincere le elezioni, ma in seguito non
pare in grado di proporre, in assenza di una cultura concretamente liberale,
altro che la propria leadership. Di cultura politica moderna, occidentale per
non dire liberale - a destra come a sinistra -, manco parlarne. Il Paese
regredisce, il renzismo propone riforme che non fa e una leadership personale,
vagamente autoritaria, che assomiglia troppo al mussolinismo del '22 per non
inquietare.
Caro Berlusconi, se lo
lasci dire da chi non vota né a destra né a sinistra, perché non ci vede
alternative appena appena credibili: da imprenditore di successo, immagini che
l'Italia sia una sorta di grande televisione; imponga la sua leadership solo
per far nascere una classe dirigente e le lasci da dirigere Forza Italia e,
magari, domani, il governo. Come imprenditore, lei è naturalmente un
accentratore e, a quanto credo di aver capito, anche sufficientemente vanitoso
da non lasciare spazio a nessuno. Ma in politica l'accentramento in una sola
persona della capacità di leadership, per non parlare di quella di governo, è
fragile e persino dannosa, come già si è visto. Non le suggerisco di farsi da
parte, ci mancherebbe; solo di fare tesoro della sua felice esperienza e delle
sue indubbie capacità imprenditoriali per creare una classe dirigente degna di
questo nome. Non prometto di votare Forza Italia, ma almeno avrei un po' più di
fiducia nel mio Paese. piero.ostellino@ilgiornale.it
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